Da Sacconi e Gelmini piano per l’integrazione tra apprendimento e lavoro

I ministri del Lavoro e dell’Istruzione, Maurizio Sacconi e Mariastella Gelmini hanno presentato questa mattina, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, il “Piano di azione per la piena occupabilità dei giovani attraverso l’integrazione tra apprendimento e lavoro”.

Nel documento si individuano sei priorità: facilitare il passaggio dalla scuola al lavoro, rilanciare l’istruzione tecnico-professionale ed il contratto di apprendistato, ripensare il ruolo della formazione universitaria, aprire i dottorati di ricerca al sistema produttivo.

Si tratta di linee di azione comuni da perseguire attraverso una “cabina di pilotaggio” condivisa.

Per trasformare la recessione in una straordinaria opportunità di cambiamento è dai giovani – ne è convinto il governo – dalle loro energie e dai loro talenti, che dobbiamo ripartire. Con loro, e per loro – affermano - vogliamo costruire l’Italia del futuro“.

Un rapporto “nuovo e più integrato tra sistema formativo e mondo del lavoro si impone“, anche perché, senza interventi correttivi, “le proiezioni al 2020 vedono l’Italia in una posizione di grave difficoltà, nel contesto internazionale e comparato, rispetto alle prospettive demografiche, occupazionali e di crescita. Si prevede, in particolare, una forte carenza di competenze elevate e intermedie legate ai nuovi lavori e un disallineamento complessivo della offerta formativa rispetto alle richieste del mercato del lavoro“.

Concretamente, l’intenzione del governo è quella di investire sulla mobilità degli studenti, superando la logica della mobilitazione delle sedi, ampliando il numero delle borse di studio e delle residenze legate al merito e mettendo in campo strumenti di finanziamento per i ragazzi. Il tutto con un obiettivo preciso: superare gradualmente il valore legale del titolo di studio. Del resto che lavoro e studio debbano entrare in sintonia lo confermano anche i dati: in Italia, il deficit di tecnici intermedi è stimato in 180 mila unità, con il risultato che le imprese non trovano i lavoratori qualificati di cui hanno bisogno e tanti giovani sono disoccupati perché dotati di competenze che non servono al mercato del lavoro. E invece tutti gli indicatori suggeriscono che “la ripresa economica non potrà prescindere dalla rinascita del settore manifatturiero e del made in Italy“.

Alla base, il riscontro che in Italia i giovani trovano lavoro in “età troppo avanzata e, per di piu’, con conoscenze poco spendibili“.