Crocifisso in aula. Vince il buon senso

Per una volta (salvo complicazioni) una questione che rischiava di riproporre nelle scuole una conflittualità d’altri tempi è stata risolta con equilibrio e buon senso. Parliamo del problema dell’affissione nelle aule del Crocifisso, che in pochi giorni ha suscitato una reazione di appelli e controappelli, di richiami ai principi supremi e a contrapposte filosofie e modelli di civiltà. Una tendenza, e una tentazione, davvero pericolosa e scivolosa, che rischiava di intrecciarsi con il clima di scontro politico e sociale che grava sul Paese, riverberandosi anche nella scuola.
Così le parole pronunciate in Parlamento dal sottosegretario Aprea, che hanno messo fine alle polemiche, sono apparse prudenti e ragionevoli: premesso che le disposizioni che prevedono l’affissione del Crocifisso nelle aule sono ancora in vigore, la Aprea ha osservato che “in un contesto multiculturale e multireligioso lo Stato deve essere sempre garante della tolleranza e della libertà religiosa”.
Ben detto, nella sede giusta e in tempo utile per bloccare la degenerazione del dibattito in una conflittualità che avrebbe trascinato il simbolo della Cristianità in una polemica strumentale e di basso livello.
Evidentemente il ministro Moratti, di fronte al fuoco incrociato scatenatosi dopo il suo intervento alla Camera con il quale annunciava un intervento per ricollocare il crocifisso in tutte le aule, deve aver riflettuto e cambiato approccio.