Crisi politica/2. Scuola e cultura tra le 12 priorità di Prodi

Impegno forte per cultura, scuola, ricerca, università e innovazione“. E’ il secondo del pacchetto di 12 punti programmatici fissati da Romano Prodi come condizione per la continuazione del suo incarico alla guida del governo. Ma, a differenza di tutti gli altri, questo punto ha un contenuto vago, nel senso di indeterminato. Diverso è il caso, per esempio, del punto numero uno (politica estera), che riguarda il rispetto degli impegni internazionali dell’Italia “a partire dalla missione in Afghanistan“, o del punto numero tre, concernente l’attuazione delle infrastrutture e dell’alta velocità “a partire dalla Torino-Lione“, e così via.
La dizione “impegno forte” può invece essere interpretata in modi diversi: l’impegno potrebbe esplicarsi per esempio sul piano economico (ma manca una quantificazione), oppure su quello delle riforme e della qualità, ma a spesa invariata se non decrescente. Il punto numero sette (“Immediata riduzione significativa della spesa pubblica“) per la verità farebbe propendere per questa seconda interpretazione, anche se non si vede come possa essere contenuta la spesa di un ministero, come quello dell’istruzione, con una imponente massa di lavoratori (e ora si appresta a stabilizzare molti precari, con i relativi maggiori costi anche per ricostruzione della carriera), e che dovrà presto affrontare il rinnovo del contratto di un milione di dipendenti.
Per conciliare l’invarianza, o addirittura la diminuzione della spesa, con il miglioramento della qualità della scuola, occorrerebbe investire prioritariamente in formazione e innovazione (e valutazione) facendo decrescere il costo per allievo, che è tra i più alti dell’area OCSE. Il che richiederebbe, per esempio, la diminuzione dell’orario settimanale delle lezioni, che in Italia è comunque molto elevato, e l’aumento delle ore lavorate dei docenti, o almeno di una parte di essi. Ma qui una forte resistenza potrebbe venire dai sindacati. Sarà il governo Prodi abbastanza forte da imporre una interpretazione qualitativa e riformistica del promesso “impegno forte” per la scuola?