Costo standard: prove di fattibilità

L’adozione del costo standard come criterio per finanziare tutto il sistema educativo pubblico, formato in base alla legge 62/2000 dalle scuole statali e da quelle non statali che acquisiscono la parità, consentirebbe ai genitori di scegliere liberamente a quale scuola iscrivere i figli, e questo creerebbe una competizione virtuosa tra tutte le scuole, inducendole a migliorare la qualità della propria offerta, e tendenzialmente a ridurre i costi. 

Questa argomentazione – non lontana nella sostanza da quella sviluppata a sostegno del ‘buono scuola’ diversi anni fa dal filosofo cattolico Dario Antiseri, e ora presa in considerazione dalla stessa ministra Valeria Fedeli con la nomina di un Gruppo di studio ad hoc, del quale farà parte l’ex ministro Luigi Berlinguer – trova terreno fertile in Lombardia, ed è stata recentemente rilanciata in un articolo (in allegato) a due firme pubblicato su Il Foglio.

Le firme congiunte sono quella di suor Anna Monia Alfieri, presidente di FIDAE Lombardia e impegnata da qualche anno in una intensa attività pubblicistica a sostegno del ‘costo standard di sostenibilità’, come viene definito in un lavoro da lei pubblicato insieme all’economista Marco Grumo e alla commercialista Maria Chiara Parola (Il diritto di apprendere, Giappichelli, 2015), e di Gianni Bocchieri, che si firma come professore a contratto dell’Università di Bergamo, già capo della segreteria tecnica di Mariastella Gelmini, ma che è soprattutto il direttore generale della Direzione Istruzione, Formazione e Lavoro di Regione Lombardia, stretto collaboratore dell’assessore Valentina Aprea.

Nell’articolo si cita come esempio pratico di applicazione del principio del costo standard quello del sistema di Istruzione e Formazione professionale della Regione Lombardia, che mette sullo stesso piano «i percorsi di IeFp erogati da organismi pubblici e privati parimenti accreditati». La proposta è di estendere questo modello alle scuole statali e a quelle paritarie, equiparate a quelle accreditate.

Resterebbero fuori le scuole private non accreditate e – sembra di capire – quelle che chiedono ai genitori di pagare il servizio con una retta che va oltre il costo standard. Scuole che diventerebbero simili a quelle inglesi independent, che non percepiscono alcun finanziamento pubblico. Scuole prestigiose e costose.