Consiglio di Istituto, il senso della partecipazione dei genitori

Sull’argomento degli organi collegiali interviene la nostra lettrice Cinzia Olivieri. Il precedente intervento è visibile a questo indirizzo.

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Organi collegiali: una opportunità per “partecipare” senza illudersi di poter “contare” più di altri

La lettura degli interventi che si sono succeduti sulla collegialità confermano la confusione – incolpevole per i genitori, meno per gli operatori – delle regole di funzionamento e delle opportunità dei suoi strumenti.

Premesse d’obbligo, per quanto evidenti, è che la scuola è di tutti e non sempre ogni decisione può trovarci d’accordo e che le deliberazioni di un organismo collegiale dalla composizione eterogenea, come il consiglio di istituto, “sono adottate a maggioranza assoluta dei voti validamente espressi” (vale a dire esclusi gli astenuti – art. 37 dlgs 297/94).

In un consesso che nella sua massima estensione comprende 19 membri tra cui 8 genitori – che nelle secondarie di secondo grado si riducono a 4 – mi sembra evidente che i numeri non giocano certo a favore dei genitori… ma sono le regole della democrazia.

La differenza la può fare il presidente, che convoca il consiglio, predispone l’ordine del giorno ed il cui voto in caso di parità vale doppio (art. 11 cm 105/75, art. 2 DI 28.05.1975; art. 37 Dlgs 297/94), ma anche e soprattutto la forza delle argomentazioni.

Ora, quanto alle variazioni del calendario, occorre sapere che esse sono ammesse alle condizioni e nei limiti previsto dall’art. 5, comma 2, del DPR 275/1999 quanto dall’art. 28 del C.C.N.L. 2006/2009.

Un consiglio di istituto non è certo un consiglio di amministrazione e non è parte dell’amministrazione (la partecipazione è gratuita, genitori e studenti non sono chiaramente dipendenti dell’amministrazione e le sedute si tengono sempre in orario extrascolastico). È sempre stato di fatto un organo di “indirizzo” giacché, anche prima dell’autonomia, in nome della quale ora appare pretestuosamente legittimo cancellare la collegialità, l’art. 3 del Dlgs 29/1993 aveva già diviso le funzioni di indirizzo dalle responsabilità dei dirigenti. Poi l’art. 40 del Dlgs 59/98 ha definitivamente chiarito che ogni competenza e responsabilità degli atti di governo, gestione ed amministrazione spetta ai dirigenti, i quali sono chiamati ad eseguire le delibere degli organi collegali, che quindi diventano atti di loro responsabilità. Pertanto sconsiglierei vivamente di proporre ricorso al TAR avverso le deliberazioni del consiglio di istituto, utilizzando al più, con un notevole risparmio in termini di economici e di energie, i rimedi previsti dall’art. 14 comma 7 del DPR 275/99.

“Partecipare” non significa “decidere”, ma essere “parte” appunto di un procedimento. Gli organi collegiali non erano stati certo istituiti perché genitori e studenti potessero “contare” più del dirigente o dei docenti, ma affinché gli uni avessero riconosciuti dei luoghi di partecipazione e gli altri potessero “tener conto” delle loro aspettative, opinioni, pareri ivi espressi per costruire insieme e migliorare la scuola.

Invece ciò avviene solo in quale illuminata eccellenza, altrimenti nella normalità l’opportunità di dialogo è considerata dall’istituzione “interferenza”, mentre noi genitori, illusi da tanta riluttanza ed avversione di poter effettivamente “contare” più di altri, finiamo talvolta per crederci, confondendo i poteri di indirizzo con un inesistente potere di gestione.

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