Confindustria sugli istituti tecnici: meno indirizzi e meno ore

Confindustria presenta a Venezia, in un apposito convegno che si sta svolgendo oggi 21 aprile, le sue proposte per la riforma dell’istruzione tecnica.

L’organizzazione degli industriali, che si è sempre battuta per il rilancio dell’istruzione tecnica come canale formativo autonomo e distinto da quello liceale a carattere generale, torna alla carica con una proposta che prevede, in sintesi, la riduzione degli indirizzi dagli attuali 142 a 8-10, e la riduzione dell’orario dalle attuali 36-38 ore settimanali ad un massimo di 32. Previsto anche il rafforzamento delle scienze e della attività di laboratorio.

Il programma del convegno prevede contributi di rilievo, a partire dalla relazione del noto esperto Norberto Bottani sulla formazione tecnica in Italia e in Europa. Atteso con interesse anche l’intervento del direttore generale del MPI Maria Grazia Nardiello sugli istituti tecnici superiori, ormai consolidatisi anche dal punto di vista normativo. Ai lavori prendono parte anche personaggi politici importanti come Valentina Aprea e Luigi Berlinguer, e noti tecnici come Alberto Felice De Toni, presidente della commissione nazionale sull’istruzione tecnica e professionale, e Vincenzo Milanesi, rettore dell’università di Padova.

Le conclusioni sono affidate a Gian Felice Rocca, vicepresidente di Confindustria per l’Education, cui compete il non facile compito di spiegare in che modo si possa realizzare una compiuta formazione tecnica a livello di scuola secondaria riducendo gli orari e il tasso di specializzazione tecnica degli studi. Il nodo è sempre quello che la commissione Brocca provò a sciogliere, agli inizi degli anni novanta, proponendo la despecializzazione dell’istruzione tecnica, con il rafforzamento delle sue componenti culturali (l’idealtipo era rappresentato dal liceo scientifico-tecnologico) e con il contemporaneo varo di un sistema di formazione tecnica superiore applicata, cioè specialistica. E’ questo il modello a cui pensa Confindustria? Ma in tal caso, perché non dirlo chiaramente, rinunciando a far credere di voler recuperare i mitici, ma ormai anacronistici “periti” del buon tempo che fu? E non basterebbero, per esempio, 4 anni anziché 5 per realizzare una formazione tecnica di base, da completare con gli studi successivi? Quesiti a cui servono risposte convincenti.