Confindustria e CGIL: dal conflitto alla (neo)concertazione?

Lo sblocco, con soddisfazione della CGIL, del contratto scuola; la sottoscrizione anche da parte della CGIL, con visibile soddisfazione della Confindustria, del documento sulle priorità dello sviluppo, e del relativo documento di settore sulla formazione e valorizzazione delle risorse umane (19 giugno). E poi il giorno dopo, 20 giugno, l’adesione anche della CGIL, sia pur condita con ampie riserve, all’accordo quadro maturato tra il Miur, il ministero del Lavoro e le Regioni sul “diritto di istruzione e formazione” (cioè, al di là degli eufemismi semantici, sul canale professionale, o “secondo canale”).

Se è vero che più indizi costituiscono una prova, venti di pace sembrano oggi spirare nei rapporti tra i due soggetti delle Parti sociali che erano stati, nel corso di questa legislatura, i più lontani e conflittuali. E uno dei settori nei quali si misurano le reciproche intenzioni sembra proprio il mondo dell’istruzione e della formazione.

La Confindustria dell’ultimo D’Amato sta abbandonando quel baldanzoso affiancamento delle componenti governative più antisindacali (contratti separati, rilegificazione di materie contrattuali ecc.) tenuto dalla nascita dell’attuale governo fino a pochi mesi fa. E la CGIL, con il suo sindacato scuola in avanscoperta, riscopre la vocazione contrattualista, dopo la stagione dei “no senza se e senza ma” che aveva caratterizzato l’epilogo della gestione cofferatiana del sindacato. E dietro c’è forse anche un altro ragionamento politico: conoscendo il valore aggiunto di una posizione unitaria delle organizzazioni sindacali sulle più importanti questioni, il principale sindacato italiano potrebbe aver optato per una linea più morbida tale da consentire a tutte le sigle di ritrovarsi su una linea comune.

Probabilmente il pendolo, che era arrivato all’estrema oscillazione del conflitto frontale, sta tornando in una posizione che se non è quella della ciampiana “concertazione” (1993 e seguiti ulivisti), potrebbe essere quella del confronto e della negoziazione riformista, in cui le parti sociali tornano protagoniste. E il settore della scuola e della formazione, in cui negli anni passati si è costruito un metodo di relazioni sindacali che ha funzionato quando è andato al di là anche degli immediati interessi del personale, ne costituisce un terreno privilegiato di sperimentazione.