Concorso/4. L’ombra lunga del disciplinarismo

La legge 107 punta molte delle sue carte più innovative su una maggiore autonomia didattico-organizzativa delle scuole, funzionale a una didattica centrata sulla figura dell’alunno che apprende in modo più flessibile e personalizzato piuttosto che su quella di un docente vincolato a programmi di insegnamento rigidamente definiti. È il profilo del docente che si ricava dalle Avvertenze generali che introducono i programmi d’esame del prossimo concorso coerente con questo obiettivo?

L’analisi che abbiamo prospettato nella news precedente ci lascia nell’incertezza perché per alcuni aspetti i requisiti richiesti ai nuovi docenti implicano lo spostamento del baricentro della relazione educativa dal momento dell’insegnare a quello dell’apprendere (strumenti interattivi per la gestione della classe, didattica personalizzata coerente con i bisogni formativi dei singoli alunni, competenze digitali), per altri invece – quasi tutti quelli che si pongono in continuità con il passato – l’accento cade sull’insegnamento, e il protagonista resta sempre l’insegnante nella sua veste tradizionale di detentore ed erogatore del sapere disciplinare.

Ma la struttura complessiva del sistema scolastico attuale (ordinamenti, orari di lezione e di servizio, valutazione didattica, progressione negli studi…) è rimasta la stessa, più cucita sul ruolo di chi insegna che su quello di chi apprende.

Potrebbe persino accadere che i nuovi docenti vengano assunti perché attraverso le prove del  concorso dimostrano di essere i più preparati a insegnare in modo nuovo, e che poi una volta entrati in classe siano di fatto costretti a insegnare in modo vecchio perché gli spazi e le attrezzature sono rimasti gli stessi, mancano i laboratori, tablet e LIM scarseggiano, la connessione a internet è lenta, e poi la struttura dei piani di studio e le regole in materia di valutazione didattica (voti, scrutini) favoriscono una didattica centrata sull’insegnamento dei contenuti delle singole discipline piuttosto che sull’apprendimento interattivo e cooperativo, in tempi e modi personalizzati, di conoscenze e competenze in dimensione e proiezione inter e transdisciplinare.

Quella dell’innovazione che passa attraverso una rinnovata professionalità degli insegnanti è insomma una partita aperta, il cui esito dipenderà da più variabili: una, forse la più importante, sarà la disponibilità dei nuovi insegnanti a scendere dalla cattedra per aiutare gli studenti a costruire dal basso e in modo interattivo e cooperativo i loro percorsi di apprendimento.   

Di questo avrebbero dovuto farsene carico soprattutto le università, purtroppo non è stato così e speriamo che le cose da oggi possano cambiare.