Concorso secondaria sotto accusa? Bianchi: ‘Lo abbiamo ereditato dal passato’

Prima criticità per il concorso docenti per la scuola secondaria. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, prende le distanze: “E’ un concorso che noi abbiamo ereditato dal passato, con una modalità di organizzazione anche delle prove che si è dimostrata non adeguata, noi poi andremo verso concorsi annuali. Questo era l’ultimo passaggio di una storia precedente – aggiunge sul concorso che ha sollevato molte polemiche, definito dai sindacati una specie di terno al lotto – che ha dimostrato tutti i limiti, non c’è nessun dubbio“. I quadri di riferimento finora pubblicati in vista delle prove scritte presentano infatti una situazione non omogenea. Vi sono quadri di riferimento che quantificano correttamente la quantità di quesiti per ogni tipologia interna della classe di concorso, ma ve ne sono altri che elencano le tipologie senza, tuttavia, indicarne la corrispondente quantità di quesiti, come è successo, ad esempio, per le classi di concorso AB24 e AB25 per l’inglese, dove l’elenco degli ambiti disciplinari comprendeva 13 tipologie senza nessuna quantificazione riferita ai quesiti.

Nella prova scritta, però, per uno solo di quegli ambiti, il QCER, addirittura sono stati proposti 17 quesiti sui 45 previsti, pari al 38%.

Ed è stato un disorientamento e una falcidia tra i candidati, seguiti da comprensibili proteste.

Per l’impostazione dei quadri di riferimento è di tutta evidenza che è mancato un coordinamento e una regia.

Seconda criticità. Ma anche sui contenuti di taluni quesiti c’è stata maretta.

Infatti, per alcune classi di concorso dove era stata rispettata la distribuzione quantitativa dei quesiti, il disorientamento e la protesta di tanti candidati sconfitti hanno riguardato questa volta i contenuti di diversi quesiti impostati esclusivamente su aspetti mnemonici o nozionistici.

Tra le proteste di candidati delusi c’è stato chi ha difeso la formula dei quesiti a risposta multipla, criticando aspramente i contenuti di molti quesiti a quiz e il ministero dell’istruzione che li aveva avallati.

Il punto a nostro avviso non sta tanto nello strumento utilizzato (in questo caso i test a risposta chiusa), quanto nelle competenze che si vogliono indagare (le capacità didattiche, pedagogiche e relazionali o le competenze disciplinari, o entrambi?) e nelle modalità con le quali si misurano tali competenze (quesiti nozionistici o in grado di misurare lo spessore contenutistico?). Vanno bene anche i test a risposta chiusa – come compromesso per svolgere in tempi ragionevoli procedure concorsuali da decine o addirittura centinaia di migliaia di candidati – purché però siano realizzati con alta professionalità e avendo ben chiaro cosa si vuole andare a misurare, tenendo conto che in cattedra devono andare professionisti dell’educazione, quindi capaci di insegnare e gestire una classe.

Dopo due settimane di prove scritte sta montando una certa protesta per una formula che, secondo diversi osservatori, non valorizzerebbe il merito e la competenza dei candidati.

Se le situazioni sotto accusa saranno alla fine riconducibili a pochi casi, il tutto rientrerebbe nella fisiologia di tanti concorsi; ma se le situazioni critiche risulteranno più estese e verranno confermate nelle prove scritte di altre classi di concorso in calendario nelle prossime settimane, il ministero dovrà aprire una seria e coraggiosa riflessione sull’efficienza e sull’efficacia di questa riforma concorsuale,  proprio alla vigilia del varo della riforma del reclutamento prevista dal PNRR per il primo semestre di quest’anno.  

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