Concorsi al banco di prova con fondate preoccupazioni

La riforma dei concorsi per l’assunzione del personale docente nelle scuole statali è arrivata al banco di prova con la prima fase prevista: quella delle prove scritte dei concorsi ordinari di infanzia e primaria, e della secondaria di I e II grado.

Accantonata la prova preselettiva, prevista in precedenza anche per sfoltire l’eccessivo numero dei candidati e velocizzare i successivi tempi concorsuali di svolgimento, la riforma ha previsto la semplificazione delle modalità e dei tempi dello svolgimento delle prove, in una logica di efficienza (una sola prova con quesiti a risposta multipla e risultanze immediate) che avrebbe l’obiettivo di salvaguardare, comunque, l’efficacia dei risultati finali (scegliere il più possibile i migliori).

A questo nuovo impianto è stato aggiunta come corollario – nelle intenzioni di chi ha pensato la riforma – la previsione che i contenuti della prova scritta debbano riferirsi alle conoscenze e alle competenze disciplinari.

Tutto ciò premesso, in questa prima fase delle prove concorsuali l’impianto concorsuale riformato sta rispondendo agli obiettivi previsti?

Al centro di questo interrogativo non va posto tanto il concorso di infanzia e primaria che, in una situazione organizzativa molto più semplice, prevede soltanto due tipologie di posto comune; invece, nella secondaria la situazione è molto più complessa, in quanto le classi di concorso su posto comune, escluse le sei STEM, sono ben 124.

Con un numero così elevato di classi di concorso è prioritaria l’esigenza di coordinare le modalità di svolgimento delle prove, per assicurare equità di trattamento e di valutazione, salvaguardando l’efficacia della selezione.

Una prima verifica può riguardare i quadri di riferimento di ogni classe di concorso pubblicati dal ministero e i contenuti dei quesiti, mentre dal territorio arrivano risposte non positive e in diversi casi pesantemente critiche. Vediamo di approfondire nella prossima notizia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA