Concorso DS in Lombardia. E se il Tar avesse preso un abbaglio?

La ragione della clamorosa sentenza del Tar Lombardia che ha annullato le prove scritte del concorso per dirigenti scolastici si può sintetizzare così: le buste contenenti i nomi dei candidati, messe in controluce, hanno consentito di leggere i nominativi a causa della scarsa consistenza della carta. Ma davvero è causa sostanziale per annullare le prove? Ne dubitiamo.

Chi ha esperienza di concorsi pubblici sa che la normale procedura prevede di separare preliminarmente gli elaborati dalle buste piccole dei nominativi, previa l’apposizione di uno stesso numero identificativo sugli uni e sulle altre.

Le buste piccole vengono normalmente poste in plico sigillato o in cassaforte fino al termine della correzioni, per essere aperte a correzione completa avvenuta e a votazione attribuita.

Soltanto dopo la conclusione della correzione e valutazione di tutti gli elaborati, le buste vengono prese dal plico sigillato, e, in base al numero in precedenza assegnato, vengono abbinate al corrispondente elaborato con contestuale trascrizione del voto sulla stessa busta. La trasparenza, a questo punto, ha rilevanza?

Alla fine di questa procedura – che con tutta probabilità la commissione del concorso lombardo ha seguito – vengono aperte tutte le buste, registrando sul cartoncino del nominativo il voto già trascritto.

Davvero quella trasparenza è vizio sostanziale per inficiare la procedura concorsuale, visto che le buste piccole non hanno concorso alla fase di correzione degli elaborati e alla compiuta e immodificabile attribuzione finale del voto?