Competenze non cognitive/1. L’anatema di Galli della Loggia

Come sempre, gli editoriali ‘scolastici’ periodicamente pubblicati da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera (Perché la scuola non deve essere luogo di controllo e omologazione, 28 gennaio 2022) sono destinati a far discutere. Questa volta nel mirino del professore finiscono le competenze non cognitive, oggetto di una proposta di legge, approvata dalla Camera all’unanimità (ora in attesa di esame da parte del Senato), che prevede l’“introduzione sperimentale delle competenze non cognitive nel metodo didattico”.

Qual è l’obiettivo di questa operazione? Far rientrare tra i compiti degli insegnanti, dice Galli citando la legge, quello di addestrare gli studenti all’autocontrollo, alla stabilità emotiva, all’empatia, alla fiducia in se stessi e alla resilienza, a gestire le emozioni e lo stress, a comunicare, a prendere decisioni e a risolvere problemi. Cioè “a formare un tipo standard di individuo, di persona modellata secondo specifiche decise in precedenza come se fosse una macchina”. Un obiettivo che a suo avviso è in piena sintonia con il disegno strategico del Centro di ricerca educativa dell’Ocse, “che di questa svolta didattica è da sempre a livello europeo il fautore più indefesso”: quello di far sì che i sistemi scolastici insegnino ai giovani “a integrarsi senza problemi nella società com’è” e a introiettare le sue norme autocontrollandosi e sapendo risolvere i problemi.

Un attacco particolarmente duro viene rivolto all’Indire e all’Invalsi, incaricati di formare i docenti sulle competenze non cognitive, perché si tratta di  “due enti che da anni – in stretto collegamento con le centrali euro-internazionali della nuova ideologia educativa – sono la roccaforte di una concezione dei sistemi fondata sull’idea di tradurre in termini standardizzati e quantificabili non tanto le conoscenze quanto soprattutto un certo insieme di tratti psicologici degli studenti, di atteggiamenti o elementi del carattere, inclusi i sintomi clinici delle categorie ‘a rischio’, per poi naturalmente intervenire in senso terapeutico”.

In questo modo viene tradita a suo avviso l’idea di educazione elaborata “dalla migliore pedagogia”, che ha sempre puntato sulla capacità della scuola di mettere gli studenti, attraverso le discipline, in condizione di costruire liberamente e autonomamente la propria visione del mondo e dei valori. Certo, il problema posto da Galli c’è, ma non è guardando al passato, o rimpiangendolo, che si può costruire un’alternativa alla deriva della scuola di oggi. Proviamo a discuterne nella notizia successiva. 

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