Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Classe islamica sì o no?/1. Un dibattito tra Magris ed Eco

E’ ammissibile la costituzione di una classe formata esclusivamente da allievi di fede islamica? Alla fine Letizia Moratti ha tagliato corto: non si può per ragioni di rispetto della Costituzione. Con un colpo solo ha azzerato un lungo lavoro di preparazione degli esperti, una pluralità di decisioni di organi collegiali autonomi, la collaborazione con l’Università Cattolica ed il Cisem di Milano diretto dal prof. Bertagna. Però la vicenda dell’ex istituto magistrale Agnesi di Milano ha offerto lo spunto per rilanciare finalmente un dibattito di grande livello su una questione che interessa non solo la scuola, ma la società italiana, le sue istituzioni, e che se non gestita bene può compromettere una funzionale convivenza tra le etnie che vivono nel nostro Paese.
Parliamo, in particolare, degli interventi di Claudio Magris (“Corriere della Sera” dello scorso 12 luglio) e di Umberto Eco (“Repubblica” del 13 luglio), ma anche di quelli di altri intellettuali ed editorialisti, come Galli della Loggia, che si sono espressi sul problema. Al di là della soluzione giuridico-amministrativa adottata dal Ministro, speriamo che l’argomento resti sulle prime pagine dei giornali italiani (in altri Paesi lo è da anni), e soprattutto che il dibattito approfondisca la questione di fondo: come far rispettare il diritto/dovere allo studio fino a 18 anni, previsto dalle leggi italiane (n. 140/1999 e n. 53/2003), a tutti i giovani che risiedono stabilmente sul nostro territorio, compresi quelli che hanno alle spalle famiglie di stretta osservanza islamica.
Il caso di Milano aveva certamente il limite, sottolineato da Magris, di isolare gli allievi, di separare le etnie, ma aveva anche il pregio, come ha osservato Eco, di porsi come una “ragionevole negoziazione”, che in fin dei conti consentiva a quegli allievi di studiare in una scuola italiana, con professori italiani, con programmi e libri di testo italiani, circondati da altri ragazzi della loro età. E se l’alternativa, per quei 20 ragazzi, fosse quella di non frequentare alcuna scuola, o di frequentarne una integralmente (e integralisticamente) islamica, magari con professori e libri di testo islamici, e lezioni tenute nella loro lingua originaria?
Se non sapremo promuovere alternative diverse, le varie etnie finiranno per orientarsi proprio su soluzioni del genere.

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