Class Enemy, la lezione delle lezioni arriva dalla Slovenia

Sarà nelle sale da giovedì 9 ottobre italiane (purtroppo in sole 25 copie) il film sloveno Class Enemy, vincitore di numerosi premi, tra cui il Fedeora alla 70^ Mostra di Venezia nell’ambito della Settimana della Critica e finalista al premio Lux attribuito dal Parlamento Europeo, per la regia del Rok Bicek.

Bicek, ventinovenne al suo primo lungometraggio, gira la sua storia per intero (salvo la conclusione su un traghetto nei mari della Grecia) all’interno delle mura di un liceo, basandosi su una propria esperienza pregressa di liceale. L’ingresso a scuola di Robert Zupan, un duro insegnante di tedesco (interpretato da un eccellente Igor Samobor), in sostituzione di una dolce docente che va in congedo per una maternità, e il suicidio di una alunna poco dopo, innescano un conflitto generazionale e sociale tra il docente e il sistema scolastico da un lato, e gli studenti che quel sistema accusano dall’altro.

Il film ci interessa perché, attraverso il prisma di una realtà educativa differente da quella italiana, ci pone problemi pedagogici universali: che reazione deve avere l’insegnante di fronte a una afflizione avvertita come collettiva? In che modo si relazionano il sentimento del dolore assoluto con quello della necessità didattica? Se è vero che “la morte di un uomo è meno affar suo di quanto non lo sia per gli altri” (per usare una citazione da Thomas Mann utilizzata dal docente di tedesco), e che dunque la responsabilità, l’elaborazione del lutto e l’angoscia sono elementi appartenenti a quanti restano piuttosto che a chi è morto, quale è il ruolo assegnato e assegnabile al la comunità educativa?

Il docente alla fine del film fornisce una risposta (a nostro avviso convincente) a queste domande, che rimandiamo a chi vedrà il lungometraggio. Attorno all’insegnante e al suo rapporto con la classe ruotano personaggi che potrebbero appartenere ai nostri universi scolastici: una docente di educazione fisica culturalmente non preparatissima, l’insegnante sostituita materna e volenterosa ma non all’altezza del compito, una dirigente scolastica conciliante ma con il timore precipuo che i risultati della scuola possano essere inferiori a quelli medi del sistema scolastico sloveno (anche noi in Italia andiamo in questa direzione?), genitori che giustificano i figli contro ogni ragionevolezza, e soprattutto i ragazzi, con le loro emotività e le loro tensioni, anche di tipo sociale ed economico.

Attraverso la scuola del film, vediamo la nostra di scuola, e ne riceviamo una lezione potente e irrinunciabile.