
Secondo il pedagogista Luciano Corradini, dell’Università di Roma Tre, presidente del gruppo di lavoro istituito dal ministro Gelmini sull’educazione civica, i contenuti della “vecchia” educazione civica, in accoppiata alla storia, erano “scivolati nella marginalità, tanto da assumere quasi il carattere di appendice facoltativa, ininfluente sul profitto degli studenti”.
“Finalmente viene previsto – dice a Tuttoscuola Corradini – uno specifico tempo scuola per consentire ad un docente, sia egli di storia, di filosofia o di diritto, di sviluppare con perizia didattica l’insegnamento e l’apprendimento della Costituzione come disciplina autonoma e di trovare intese con i colleghi, perché ciascuno concorra, come educatore e come titolare della sua disciplina, a quell’educazione civica, che abbiamo chiamato ‘educazione alla cittadinanza e cultura costituzionale”.
Quali sono i criteri principali che determinano il destino di una materia scolastica? “Sono – risponde Corradini – la tradizione accademica e scolastica, la precisione epistemologica, la percezione sociale della rilevanza di un certo tipo di sapere sul piano culturale, lo spazio che le si concede nell’orario scolastico e l’influenza che esercita sulla carriera scolastica e sociale degli studenti. L’educazione civica, nella configurazione accademica e istituzionale ereditata dal decreto Moro del 1958, non aveva tutte le carte in regola di fronte ad un tribunale di questo tipo. Il decreto Gelmini riprende, estende e riqualifica il disegno originario, contribuendo a dargli nuove prospettive di vita e a rinforzarlo sul piano curricolare”.
Non si tratta di impartire delle nozioni di ‘diritto costituzionale’ agli alunni. “Occorre il coraggio – spiega Corradini a Tuttoscuola – di ripensare la Carta fondativa e orientativa della nostra convivenza civile non come appendice facoltativa ma come materia da insegnare, sia pure in termini non specialistici”.
Per l’esperto incaricato dal ministro Gelmini di rivedere l’insegnamento dell’educazione civica “si risponde in tal modo alle emergenze denunciate dalla ricerca sociale e dai mass media non in termini improvvisati sul piano delle emozioni del momento, ma con consapevolezza critica dei compiti della scuola, dei suoi limiti e delle sue potenzialità, con uno strumento normativo non posticcio né straordinario. Nel testo costituzionale – aggiunge Corradini a Tuttoscuola – sono radicate le competenze di cittadinanza necessarie per lo sviluppo dei singoli e della collettività. Questo non va studiato per fare in ogni scuola degli avvocati, ma per fare dei cittadini ‘praticanti'”.
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