Censis 2012/3. Piccolo è bello (spesso), piccolissimo no

Per molti aspetti, come mostrano numerosi studi, nei centri urbani di piccole dimensioni si vive meglio che in quelli più grandi, per non parlare delle periferie (e talvolta dei centri storici) delle megalopoli. Ma in quelli di dimensioni minime, sotto i mille abitanti, non è così, come evidenzia il 46° Rapporto Censis.

Nei micro comuni servizi fondamentali come la sanità e la scuola non sono garantiti: “Il quadro generale di ridimensionamento delle risorse pubbliche comporta la difficoltà di mantenere, nei territori a bassa densità, quelle funzioni indispensabili per la vita delle comunità locali” afferma il rapporto. Una tabella mostra la totale assenza di presidi ospedalieri (insufficienti risultano anche le farmacie), o di una scuola secondaria superiore. Poche sono anche le scuole secondarie di primo grado, che funzionano solo nel 10,9% di questi comuni, mentre gli asili nido sono un po’ più presenti, ma non superano il 25%.

I pochi asili nido segnalano generalmente il basso tasso di natalità di questi comuni, abitati spesso da consistenti aliquote di anziani che si occupano della assistenza dei bambini. Per quelli che non hanno impegni familiari va male, perché solo il 31,2% dispone di un centro anziani. Come luoghi di socializzazione generalizzata restano solo le chiese, che infatti sono presenti ovunque.

La diffusa presenza (95%) di fermate di autobus o di servizi di trasporto locale facilitano lo spostamento degli studenti che non dispongono di scuole medie o superiori nei comuni dove abitano. Non è detto che questo sia un male, perché per i giovani può comportare maggiori stimoli e opportunità di relazioni.