Carriera dei docenti nel limbo/2. Le riserve

Dietro questo linguaggio non propriamente cartesiano, si avverte la preoccupazione di preservare l’unicità della funzione docente, e un forte riferimento della carriera all’esperienza, e quindi all’anzianità di servizio, degli insegnanti. Ne è prova il fatto che il documento, dopo aver proposto di far raggiungere il livello stipendiale massimo dopo 25 anni (ora sono 35), aggiunge che “sembrerebbe peraltro opportuno prevedere una progressione, da definire, anche dopo i 25 anni”.
Un altro indizio di resistenza alla ipotesi di una più marcata articolazione strutturale delle figure operanti nella scuola la si può leggere nella premessa del documento, dove si specifica che l’attuazione dell’art. 22 “non ha alcuna attinenza con quanto previsto dall’art. 43 dello stesso CCNL”, cioè – fuor di sindacalese – con l’eventuale creazione di nuove figure/funzioni professionali (leggi tutor) legate all’attuazione della legge n. 53.
Sul tutto, poi, grava la riserva dei sindacati confederali e dello SNALS di sottoporre le proposte “alla consultazione della categoria”, per evitare sorprese, come accadde al tempo del “concorsone”. I confederali chiedono inoltre al Governo di esplicitare l’impegno ad evitare ogni intervento del Parlamento su materie di competenza della contrattazione: un chiaro altolà alle proposte di legge targate FI e AN sulla revisione stato giuridico. E infine, aggiungono i sindacati, serve “uno specifico finanziamento” per rendere credibili le ipotesi profilate nel documento.
Tutto si può dire, tranne che siamo in presenza di una svolta epocale. Speriamo, almeno, in un dibattito aperto, franco, e non riservato ai soliti addetti ai lavori, un “grande dibattito“, come quello che si è sviluppato in Francia nei mesi scorsi.