Caro Babbo Natale, aiutaci a rendere la scuola il luogo in cui i nostri figli meritano di vivere

Caro Babbo Natale,

la scuola oggi è luogo di incontro, conoscenza, accoglienza e crescita. A scuola nessuno è escluso e tutti, a prescindere da ciò che sono e da cosa fanno, sono i benvenuti.

A scuola i bambini non sono interessati al permesso di soggiorno dei loro compagni, né si chiedono alcunché riguardo i livelli di funzionamento dei loro amici. A scuola si accolgono, valorizzano e accompagnano alla crescita esseri umani, senza bisogno di patenti o certificazioni.

Pensiamo alla guerra in Ucraina che orami imperversa da quasi due anni. Dopo pochi giorni dello scoppio, la scuola italiana ha iniziato ad accogliere alunni ucraini, in fuga dagli orrori delle bombe. Se i media parlarono con enfasi e stupore di questo, all’interno della scuola nessuno rimase particolarmente stupito. Prima di loro la scuola aveva già accolto i alunni con disabilità, questo in Italia si fa da quarant’anni, ragazzi con Bisogni Educativi Speciali, bambini giunti in Italia su un barcone malfermo. Lo ha fatto nel silenzio, nel rispetto del delicato compito educativo che la caratterizza, senza proclami, perché di proclami non ha bisogno.

La scuola italiana è quindi luogo di accoglienza incondizionata, ma anche terreno di scontro e di battaglie ideologiche e sociali. Ecco di questo non ne abbiamo proprio bisogno e ti chiedo, caro Babbo Natale, di portarti via tutto ciò che appesantisce ed intossica la scuola italiana.

Mi riferisco a quei genitori, che pensano che la colpa di tutto sia da attribuire agli insegnanti, professionisti appassionati e scrupolosi investiti di responsabilità enormi a fronte di corrispettivi sociali ed economici indegni.

Penso però anche a tutte le figure adulte della scuola che hanno scelto di “vivacchiare” di seguire la logica del “si è sempre fatto così” per evitare di cambiare, crescere, migliorare. Sono loro che impediscono alla scuola di aspirare al suo compito di sviluppare e promuovere il benessere personale e sociale dei nostri alunni, soprattutto quelli con maggiori difficoltà.

Non escludo da queste riflessioni anche quei politici che considerano la scuola come luogo di scambio di promesse, favori, scambi più o meno leciti. Queste persone che usano la scuola invece di essere al suo servizio, sono il veleno che uccide la nostra società, che condanna i nostri giovani a un futuro incerto, che sancisce l’impossibilità di una vita dignitosa.

Caro Babbo Natale, è vero, oggi la scuola è ancora luogo d’incontro, conoscenza, accoglienza e crescita, dove nessuno è escluso e tutti, a prescindere da ciò che sono e da cosa fanno, sono i benvenuti. Ma non dobbiamo pensare che questo sia un risultato raggiunto definitivamente e condiviso da tutti. Dobbiamo difendere la scuola, come si fa con qualcosa di prezioso e fragile, come si fa con i nostri figli, come si fa, o dovremmo fare con il futuro.

Non è semplice, né facile, ma ti chiediamo di aiutarci ad aver cura di questo prezioso tesoro che è la parte sana della scuola italiana, aiutandoci a renderla, giorno dopo giorno, il luogo che meritano di vivere i nostri figli. Il compito è arduo ma noi ci siamo, e tu, Babbo Natale, ci aiuterai?

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