Blue Whale, necessario rinsaldare l’alleanza educativa. La lettera della Ministra Fedeli

Di Blue Whale Tuttoscuola ha già parlato. Si tratta di una sfida social che procede per gradi o, meglio, livelli. Il ragazzo, solitamente un adolescente, trova sul web un curatore disposto a dargli le istruzioni del gioco. Così inizia poi ad affrontare le “prove”, ognuna delle quali deve essere documentata e accompagnata quindi da video o foto inviate al curatore. L’ultima prova consiste nel suicidio del “giocatore”. Una tendenza pericolosissima quella del Blue Whale nata in Russia e che si sta diffondendo anche qui in Italia. 

In queste ore, proprio relativamente al Blue Whale, la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha scritto una lettera al direttore di Avvenire che riportiamo di seguito.

Caro direttore,

si è parlato diffusamente in questi giorni di Blue Whale, un presunto rituale assurdo veicolato dal web che porterebbe giovani deboli e in difficoltà, attraverso una serie di prove estreme, al suicidio. Questo stesso giornale se ne è occupato, con attenzione e con prudenza, riportando le notizie di adolescenti, anche italiani, che sarebbero rimasti coinvolti in questo “gioco mortale”, scavando e andando alla radice del disagio.

Che sia un fenomeno realmente esistente o che sia invece una falsa notizia rimpallata in Rete provocando effetti emulativi, Blue Whale pone una questione che non può essere taciuta o messa da parte. L’adolescenza è l’età delle speranze, delle opportunità, della fiducia nel futuro, del divenire. È un’età ricca. E per questo anche disorientante. Genera smarrimento e preoccupazione, soprattutto se le giovani e i giovani che muovono i loro passi in questa fase della vita non trovano punti di riferimento utili a guidarli nel loro cammino di esplorazione di sé e del mondo. Ieri la Società italiana di pediatria ha diffuso dei dati riguardanti un’indagine su circa 10.000 ragazze e ragazzi di età compresa tra i 14 e i 18 anni: otto giovani su dieci sperimentano un disagio, il 15% di loro è arrivato a infliggersi intenzionalmente lesioni per trovare sollievo. Quando vivono una situazione di difficoltà punto fermo sono gli amici, dai quali il 70% di loro riceve aiuto: il mondo adulto è avvertito come distante, non in grado di comprendere il disagio emotivo. Come comunità educante abbiamo una duplice responsabilità: ricostruire e rinsaldare un’alleanza educativa tra tutti i soggetti coinvolti nel percorso di crescita delle giovani e dei giovani (famiglie, comunità scolastica, associazioni, pedagogisti, psicologi, pediatri, assistenti sociali, educatori) e promuovere il protagonismo delle ragazze e dei ragazzi, che sono soggetti attivi di questa alleanza e devono essi stessi avere la possibilità di indagare il loro disagio, dargli voce e trovare risposte adeguate.

È per questo motivo che ho voluto con forza e convinzione istituire al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, un Gruppo di lavoro sull’adolescenza, coordinato dalla Consigliera Anna Serafini. Obiettivo è spingere alla riflessione sulla qualità educativa, partendo da un’analisi dei contesti formativi, dei cambiamenti della società contemporanea e della loro incidenza rispetto alle sfide che ci troviamo a fronteggiare. Da quando abbiamo cominciato, a inizio maggio, ci siamo confrontati con più di 50 interlocutori – famiglie, associazioni, mondo della scuola, professionisti ed esperti – con particolare attenzione alle studentesse e agli studenti, coinvolti nella discussione non quali oggetto di “ricerca”, ma quale parte attiva e dialogante nella definizione di politiche sull’adolescenza. Realizzeremo, su impulso di tutti i soggetti, hackathon tematici, maratone di idee in cui tutte e tutti potranno confrontarsi in maniera franca e costruttiva. Puntiamo a realizzare un “libro bianco” sull’adolescenza, che tenga insieme analisi e proposte di intervento, a fornire risposte di lungo termine ai bisogni e alle esigenze delle giovani e dei giovani, grazie anche all’istituzione di un tavolo permanente, a rinsaldare il rapporto nella comunità educante che si trova ad affrontare questioni sempre più complesse e inedite.

Nella stessa direzione va la Cabina di regia sulla dispersione scolastica, istituita al Miur, alla quale collaborano oltre alla consigliera Serafini anche altri due esperti, Marco Rossi Doria e Enrico Giovannini: combattere la povertà educativa è la base per combattere le altre povertà. Vuol dire intercettare i segnali di disagio e disinnescarli per tempo, promuovendo forme di cittadinanza attiva, garantendo pari opportunità a tutte le studentesse e a tutti gli studenti. Vuol dire renderli avvertiti di fronte a fenomeni di violenza, dentro e fuori la Rete: bullismo, cyberbullismo, fake news (bufale), hatespeech (parole ostili) sono distorsioni, alle volte sottili, che le nuove generazioni devono saper riconoscere. La scuola fa e continuerà a fare la propria parte per accompagnare ragazze e ragazzi in quella fase ricca e fragile, intensa e delicata dell’adolescenza, durante la quale in gioco c’è un’identità in formazione, e in cui massimo è il timore di vedere i propri sogni rimanere tali, mentre la realtà prende un’altra direzione. La scuola, insieme alle famiglie, ai pedagogisti, alle associazioni sociali, a tutti quei soggetti laici e religiosi che hanno a cuore il bene delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, può e deve intercettare il disagio e tramutarlo in occasione di crescita sana. Insieme, mettendo da parte paure e unendo le nostre energie positive, possiamo farcela”.