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BES/1. Direttiva per i Bisogni Educativi Speciali

Annunciata circa un mese fa in occasione di un apposito convegno tenuto a Roma presso il Ministero dell’istruzione, è stata pubblicata nei giorni scorsi la direttiva su “Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”.

Pur se pubblicata ora, la direttiva è stata firmata in tempo utile dal ministro Profumo a dicembre nell’esercizio dei suoi poteri, prima della crisi di Governo.

Fino a qualche anno fa, l’area dello svantaggio scolastico era circoscritta soltanto agli alunni disabili, per i quali la legge 517 nel 1977 e la legge quadro 104 nel 1992 avevano dettato principi e fornito linee di attuazione. Nel 2010 l’area era stata ampliata grazie alla legge 170 relativa ai DSA, con la quale erano stati riconosciuti i Disturbi Specifici di Apprendimento.

La direttiva ministeriale precisa che l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile alla presenza di deficit, in quanto in ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni.

Quest’area dello svantaggio scolastico, che ricomprende problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali (in altri paesi europei: Special Educational Needs).

Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. Si tratta di grandi problematiche che non sono circoscritte ai soli docenti specializzati (sostegno, per capirci), ma che chiamano in causa tutti i docenti curricolari.

La direttiva, aprendo in questo modo una finestra sul mondo dei BES che riguarda tutti i docenti, pone un nuovo problema per la scuola italiana: la formazione di base. A partire dall’anno accademico scorso sono stati attivati 35 corsi/master presso le università sui DSA, ma c’è molto di più da fare per i quasi 700 mila docenti statali (e le migliaia delle paritarie).

Occorre un piano nazionale. E tanti soldi… 

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