Attorno alle leggende urbane sul lavoro degli insegnanti

Abbiamo ricevuto, attraverso il nostro canale Facebook, queste considerazioni sull’orario di lavoro degli insegnanti da parte del nostro lettore Nicola Fusco.

Le pubblichiamo, invitando tutti gli altri lettori a intervenire, o a proporre nuovi temi di discussione, scrivendoci come di consueto all’indirizzo dedicato la_tribuna@tuttoscuola.com.

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Il testo seguente è una risposta ai vari preconcetti e leggende urbane sull’orario di lavoro degli insegnanti. Esso scaturisce dalla costatazione di quanta superficialità ci sia in giro nel valutare in cosa realmente consiste il lavoro di un insegnante, in particolare nelle scuole superiori. Naturalmente è una superficialità che nasce dall’ignoranza di cui ciascuno di noi è affetto quando si parla di un lavoro che non è il proprio. Ma mentre in generale tale ignoranza spinge a non esprimere commenti a caso per evitare di esprimere enormità, nel caso del lavoro degli insegnanti rtutti pensano di avere il diritto di pontificare. Forse perché tutti sono stati alunni si pensa quindi di conoscere in cosa consista il lavoro di chi è stato dietro le cattedre che abbiamo incontrato nella nostra vita. Ma esattamente come l’essere stati pazienti non fornisce la consapevolezza di ciò che sia il lavoro di un medico così l’essere stati alunni fornisce una conoscenza scarsa o nulla del lavoro che ogni insegnante svolge collateralmente alle ore passate in aula a contato con i suoi alunni.

Di conseguenza personalmente ho deciso di fare in dettaglio il calcolo di quante ore lavora in un anno un insegnante delle scuole superiori in modo da farLe capire se è vero oppure no che lavoriamo meno degli altri lavoratori dipendenti.

Prima di cominciare però voglio fare una precisazione a cui nessuno pensa mai quando si pensa al lavoro degli insegnanti. Le ore passate a scuola per un insegnante sono ore di lavoro effettive, cioè al 100%. Nessun altro lavoro ha una resa del genere. Cosa intendo per ore effettive? Intendo la stessa cosa di cui si parla quando, a proposito di una partita di calcio si parla di tempo effettivo di gioco. Tutti sanno che c’è differenza tra durata ufficiale di una partita di calcio (90 minuti) e il tempo in cui effettivamente la palla è stata in gioco (che si sa essere sempre inferiore a 60 minuti). Questo accade perché, come è noto, durante una partita di calcio ci sono le interruzioni del gioco (per falli, sostituzioni, discussioni, disposizione dei giocatori in corrispondenza dei calci piazzati, etc) durante le quali il cronometro della partita continua a correre. Analogamente quando un qualunque lavoratore intellettuale dice di lavorare 7-8 ore al giorno, in quelle ore conta anche il tempo utilizzato per andare in bagno, per prendersi un caffé, per sgranocchiare uno snack, per fumarsi una sigaretta, per fare qualche battuta col vicino di scrivania o di sportello, per fermarsi un attimo a rilassare la schiena e liberarsi la mente, etc. Un insegnante queste cose deve per forza farle fuori dalle ore di lezione in aula e dell’ora di ricevimento. Le 3, 4, 5 ore che un insegnante passa al mattino a scuola sono interamente di lavoro, dal primo all’ultimo minuto. Questo fa una bella differenza. Se un impiegato o un qualunque lavoratore intellettuate usasse un cronometro per misurare quanto tempo è realmente e interamente concentrato sul proprio lavoro in una giornata, dubito che arriverebbe a misurare più di 6 ore al giorno.

Faccio il calcolo sul mio anno scolastico scorso. Il risultato non è uguale per tutti gli insegnanti perché dipende dalla materia e dalla composizione della cattedra, ma il mio caso è abbastanza esemplificativo come media.

Un insegnante delle scuole superiori passa in aula 18 ore a settimana più un ora di ricevimento (i buchi non li contiamo anche se durante i buchi un insegnante va in bagno o si prende un caffé o altro, tutte attività che per gli altri lavoratori si svolgono durante il normale tempo lavorativo retribuito e che occupano ben più di una o due ore alla settimana). Fanno 19 ore a settimana. L’anno scolastico, tenendo conto di tutto, dura 35 settimane. Ad esempio quest’anno è iniziato il 17 settembre e terminerà il 9 giugno, a questo periodo vanno sottratte due settimane natalizie e 6 giorni a pasqua, inclusa la domenica, e un giorno il 2 novembre. Gli altri giorni di interruzione non vanno contati perché se una scuola ha altre interruzioni oltre quelle stabilite dal calendario regionale vuol dire che le sue lezioni sono state fatte iniziare prima rispetto al calendario regionale, ad esempio nella mia scuola sono iniziate il 13 settembre.

A=numero di ore passate a scuola di mattina durante l’anno scolastico=19*35=665

Durante l’anno scolastico ogni insegnante è coinvolto in tutta una serie di riunioni e attività che si svolgono a scuola ma che non rientrano nelle lezioni in aula: collegi dei docenti, consigli di classe, riunioni di dipartimento, incontri pomeridiani scuola-famiglia. Diciamo che per semplicità, calcoliamo l’ammontare di queste ore come da contratto, 80 ore annue. In realtà sono molte di più, ma facciamo finta che sia così. A queste vanno aggiunte le ore di riunioni di dipartimento, collegi e svolgimento delle prove di verifica dei debiti che si svolgono prima dell’inizio delle lezioni che quindi, per contratto, non vanno conteggiate nelle 80 dette prima. A settembre ci sono 10 giorni lavorativi prima che inizino le lezioni, escludendo le operazioni relative agli scrutini dei debiti abbiamo 7 giorni, con mediamente 5 ore di lavoro al giorno.

B=numero di ore passate in attività collegiali e di comunicazione alle famiglie=80+7*5=115

Nelle ore precedentemente conteggiate, per contratto, non rientrano gli scrutini. L’anno scorso avevo 5 classi. Nella mia scuola in un anno scolastico ci sono 3 tornate di scrutini: quelli di saldo del debito a inizio anno, quelli di fine primo quadrimestre, quelli di fine anno. I primi durano, in media, 1 ora ciascuno, i secondi e i terzi 1 ora e mezza. A queste ore vanno sommate quelle che ogni insegnante deve spendere per prepararsi allo scrutinio, cioè il controllo dei voti e del registro per calcolare e definire i voti con cui presenta gli alunni nelle proprie materie. C’è qualcuno che questo lavoro lo fa diluito nel tempo, chi lo fa all’ultimo momento, ma in ogni caso questo lavoro c’è. Diciamo che gli scrutini iniziali richiedono mediamente mezz’ora di preparazione (perché non tutti i docenti dovranno rivedere i voti, solo quelli coinvolti nei debiti) gli altri richiedono un’ora.

C=numero di ore passate a preparare e svolgere scrutini=5*1.5+10*2.5=32.5

Durante l’anno ogni insegnante svolge nelle proprie classi dei compiti in classe. L’anno scorso avevo 4 classi in cui avevo l’obbligo della prova scritta (in una facevo solo una materia orale) e dovevo eseguire 3 verifiche scritte a quadrimestre, quindi 24 compiti in classe. A questi aggiungiamo un test scritto a quadrimestre per ogni classe (7 classi perché in 2 delle 5 classi svolgevo due materie, una con obbligo di verifica scritta l’altra senza). Il test in questione ormai è diventato necessario perché il numero di alunni per classe negli ultimi anni è diventato eccessivo per poter garantire a tutti il giusto numero di verifiche orali e nello stesso tempo portare avanti un programma adeguatamente esteso. Pertanto ai 24 compiti in classe si aggiungono 14 test scritti. In totale 38 tracce da preparare. Dato che abbiamo delle aule che sono dei pollai, dato che (giustamente) non possiamo perquisire i nostri alunni e dato che una persona non può controllare contemporaneamente e continuamente 26 persone (grandezza media delle mie classi dell’anno scorso) dobbiamo preparare tracce diverse in modo che alunni vicini abbiano poche possibilità di copiare. Non tutti prepariamo lo stesso numero di tracce, questo poi dipende dalle situazioni e dalle personali capacità di vigilanza. Io per esempio ne preparo da 4 a 9 per ogni compito, dipende dalla classe e dal tipo di compito. Ma anche preparando solo 2 tracce per ogni classe e per ogni verifica servono almeno 3 ore per scegliere gli esercizi, comporre il testo al computer e dargli una forma tipografica adeguata.

D=numero di ore passate a preparare prove scritte=3*38=114

I compiti in classe, una volta svolti in aula, vanno corretti. Come ho detto ogni mia classe aveva, mediamente 26 alunni, Quindi i 38 compiti e test diventano 38*26=988 elaborati da correggere. Secondo Lei qual è il tempo che richiede la correzione di un elaborato (nel mio caso di matematica o fisica)? Un elaborato va letto a fondo, si deve comprendere il testo e la grafia, correggere gli errori, eventualmente andare a cercare completamenti di periodi richiamati con asterischi, poi i procedimenti di calcolo vanno seguiti passo passo per trovare eventuali errori (non basta verificare il risultato, potrebbe essere stato copiato o trovarsi corretto per caso, capita spesso), infine bisogna ridare uno sguardo d’insieme all’elaborato per poter stabilire correttamente il voto. Io direi che 20 minuti (un terzo di ora) per elaborato sono anche pochi, ma per evitare discussioni sterili contiamo 20 minuti ad elaborato.

E=numero di ore passate a correggere prove scritte=988/3=329.3 con tre periodico
(mi permetto di arrotondare a 329.5 così colmiamo lo 0.5 del calcolo C, in questo modo mi sto aggiungendo “abusivamente” 10 minuti lavorativi in un anno in più rispetto al dovuto, penso che sia un’imprecisione accettabile)

Quando non si interroga e non si eseguono verifiche scritte un insegnante spiega. Le lezioni vanno preparate. Il lettore medio di questa disamina probabilmente chiederebbe: ma non siete laureati nella materia che insegnate? Ma conoscere un argomento, anche molto bene, non significa avere già pronta l’esposizione. Se non vuoi ingenerare confusione in chi ti ascolta (dato che gli alunni non sono nostri pari in preparazione) devi avere un’esposizione adeguata con passaggi logici chiari tra un concetto e l’altro. Ad esempio se devo spiegare alcune tecniche di risoluzione di un tipo di equazione dovrò prepararmi degli esempi adeguati e controllare che non ci siano, nel corso della risoluzione degli esempi, dei passaggi che magari esulano da quanto già spiegato. Non posso certo prendere delle equazioni inventate al momento che poi magari risultano completamente diverse da quelle che mi servono. Inoltre c’è anche la preparazione di eventuali supporti audiovisivi che ormai quasi tutti usano. In ogni caso è necessario raccogliere le idee per organizzarsi almeno un percorso mentale per poter spiegare quello che si vuole dire nel tempo a disposizione: ogni argomento è molto più vasto e profondo di quanto possa essere presentato in una classe di scuola superiore, i tagli non possono essere improvvisati, altrimenti si rischia di metterci molto di più del tempo che è possibile dedicare ad un dato argomento. Un insegnante spiega almeno per due terzi delle ore in cui è in aula (quindi mediamente 12 ore a settimana), e ogni ora di spiegazione richiede almeno quarantacinque minuti (tre quarti di ora) di preparazione. Quindi sono mediamente 9 ore di preparazione per ogni settimana di lezione.

F=numero di ore passate a preparare le lezioni=9*34=315

Dopo che si è chiusa l’attività didattica ordinaria (quella conteggiata finora) iniziano gli esami di stato, che tutti, da esterno o da interno, siamo chiamati a fare. Durante l’esame di stato si ripete, in piccolo, la struttura dei calcoli fatti finora: riunioni di preparazione (almeno 16 ore), svolgimento delle prove scritte (13 ore, 6 per la prima o seconda, 2 per operazioni preliminari e di chiusura alla prima o seconda prova, 3 per la terza prova e 2 per le operazioni preliminari e di chiusura alla terza prova), preparazione della terza prova scritta (2 ore), correzione delle prove scritte (20 ore, perché gli elaborati di esame sono molto più corposi, essendo stati svolti in molte più ore di quelli svolti durante l’anno), svolgimento dei colloqui orali (durata variabile, in media 30 ore), riunione di chiusura delle operazioni (5 ore).

G=numero di ore per l’espletamento degli esami di stato=16+13+2+20+30+5=86

Totale delle ore lavorate da un insegnante in un anno=A+B+C+D+E+F+G=665+115+32.5+114+329.5+315+86=1657

Ci tengo a precisare che queste sono, per il calcolo fatto, tutte le ore (ma il calcolo è fatto abbondantemente per sottostima) che lavora un insegnante. In quanti mesi le svolge non ha importanza. Conta solo se sono di meno o di più di un altro lavoro professionale e intellettuale. L’insegnante fa queste ore in, diciamo, 42 settimane: 52 settimane in un anno meno 2 natalizie, 1 a pasqua e 7 estive. Un laureato che lavori come dipendente in un altro settore pubblico o privato lavora in un anno per 46 settimane: 52 settimane in un anno meno 6 settimane di ferie (30 giorni di ferie sono 6 settimane perché una settimana lavorativa è composta da 5 giorni lavorativi e le ferie si prendono solo per i giorni lavorativi) che per contratto hanno tutti i dipendenti dell’amministrazione pubblica italiana e anche la maggior parte dei lavoratori dipendenti del settore privato. Ma se il numero di ore lavorate è lo stesso non si può dire che l’insegnante è privilegiato. Semplicemente lavora più intensamente per un periodo più breve ed ha quindi diritto a ferie più lunghe.

Un lavoratore dipendente con un lavoro professionale/intellettuale svolge 8 ore di lavoro al giorno per 5 giorni alla settimana per 46 settimane di lavoro all’anno, quindi lavora 1840 ore all’anno. Quindi un insegnante lavora, rispetto ad un altro lavoratore dipendente intellettuale, 183 ore in meno all’anno, cioè 4 ore a settimana (su 46 settimane lavorative), cioè 48 minuti al giorno (su 5 giorni lavorativi a settimana). Qui entra in gioco il discorso che facevo all’inizio sul tempo effettivo. Quale lavoratore, in una giornata, si distrae dal lavoro solo per 48 minuti? Dove per distrazione, oltre che chiacchierare con il collega o fumare una sigaretta o prendersi un caffé al distributore, intendo anche andare in bagno o svuotare la mente da ogni pensiero per qualche minuto per il dovuto temporaneo relax, e anche alzarsi dalla scrivania perché chiamato a conferire da qualche superiore (se il nostro dirigente scolastico o la segreteria del nostro istituto ci convoca per qualche comunicazione noi andiamo nel suo ufficio fuori dall’orario di lezione non durante). Quindi un insegnante delle scuole superiori, già adesso, con “sole” 18 ore di lezione a settimana, lavora quanto, se non di più di, qualunque altro lavoratore intellettuale del settore pubblico o privato.

Spero che qualunque replica sia nel merito delle mie considerazioni. Commenti del tipo “alcuni insegnanti non lavorano così tanto” oppure “gli insegnanti che fanno il lavoro seriamente sono pochi” sono davvero fuori luogo, oltre che falsi. A parte che i lavativi (presenti in ogni categoria di lavoratori) tra gli insegnanti sono una sparuta minoranza (e lo posso ben dire dopo 10 anni di questo lavoro) non vedo perché il giudizio su alcuni debba diventare il giudizio su tutta la categoria e soprattutto non capisco perché, se c’è qualche insegnante che non lavora quanto dovrebbe, allora si dovrebbe aumentare l’orario di lavoro a tutti!
I lavativi si eliminano o si riducono migliorando gli strumenti di controllo e avendo la volontà di applicarli, non colpendo tutti in modo indiscriminato. Tra l’altro in un modo che inevitabilmente peggiorerebbe la qualità del servizio offerto per tutti. Senza contare che se le ore di preparazione didattica e correzione dei compiti non vengono contrattualizzate poi è ovvio che c’è chi approfitta della situazione e fa male entrambe le cose, perché nessuno gli potrà dire che è inadempiente.

Nicola Fusco

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