Asili nido: distribuzione più equa sul territorio. Più benefici per i piccoli comuni e per il Meridione

Una distribuzione più equa degli asili nido sul territorio che assicurerebbe maggiori vantaggi per bambini e genitori. È quanto comunicato dal vice ministro dell’Economia, Laura Castelli (M5S) durante una conferenza stampa nella serata dello scorso 24 luglio.  “Compiamo un passo importante soprattutto per quelle realtà in cui non esisteva un’offerta – ha dichiarato Castelli –, stabilendo un livello minimo e massimo di servizio che viene riconosciuto a tutti i Comuni, redistribuendo il Fondo di solidarietà comunale. Facciamo in modo che tutti possano, in base alle fasce individuate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, avere un servizio che prima non c’era. La portata è ancora più innovativa e importante, perché il criterio adottato permette di basarsi sulla reale presenza di bambini nella fascia 0-2 anni, e non su dati storici. Finalmente più diritti per i bambini e le loro famiglie”.

La novità più rilevante riguarda la definizione dei livelli di servizio da considerare nel calcolo del fabbisogno standard degli Asili Nido realizzando un primo passo verso una piena standardizzazione della spesa.

Il fabbisogno degli asili nido è calcolato applicando un costo standard al numero di bambini cui dovrebbe essere garantito il servizio. In passato, in assenza di una chiara definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), il numero di bambini è stato determinato, per ogni comune, in base alla percentuale storica di bambini nell’età 0-2 anni che usufruivano del servizio. Questa scelta portava all’assegnazione di un fabbisogno positivo per il servizio di Asili nido a poco più di un terzo dei comuni.

Per la prima volta, si è deciso di superare il riferimento alla percentuale di bambini storicamente serviti in linea con il principio secondo cui la standardizzazione della spesa deve superare valori storici che fotografano le scelte discrezionali degli amministratori locali.

La standardizzazione è stata effettuata prevedendo un livello minimo di copertura calcolato come percentuale dei bambini fra 0 e 2 anni. La percentuale minima di copertura, riportata nella tabella 1, è definita per cinque diverse fasce dimensionali di comuni. Per ogni fascia i valori rappresentano il livello minimo di copertura storicamente assicurato dal 75% dei comuni che hanno erogato il servizio. Parallelamente, si è proceduto ad individuare un livello massimo di copertura riconosciuto nel fabbisogno corrispondente ad una percentuale di copertura del 28,88%.

È importante sottolineare che si è ancora ben lontani dal riconoscimento di un fabbisogno standard compatibile il livello essenziale delle prestazioni, in quanto quest’ultimo valore non è ancora stato definito dal parlamento in attuazione dei principi costituzionali di equità riportati nell’articolo 117 della Carta costituzionale. L’operazione svolta attraverso la normalizzazione dei livelli di servizio all’interno di una soglia massima e minima ha una valenza prevalentemente tecnica rivolta ad una più corretta applicazione dei modelli vigenti di calcolo del fabbisogno che come principio fondamentale richiedono che il riconoscimento del fabbisogno per finalità perequativa debba prescindere (salvo eccezioni) dalla presenza di un servizio storicamente erogato.

In generale la normalizzazione del servizio con le regole sopra descritte consente assegnare un fabbisogno standard a tutti i comuni con popolazione tra zero e due anni positiva, indipendentemente dalla presenza di un servizio di Asilo nido comunale già attivo sul territorio. È evidente che a beneficiarne sono principalmente i comuni di piccole dimensioni e i comuni delle regioni meridionali dove storicamente i livelli di offerta sono più bassi.