
Anno scolastico 2005-2006 al via/2. Il futuro della riforma Moratti
Il fatto è che anche se l’affermazione di uno dei due poli fosse netta, non è detto che avremmo una situazione chiara e leggibile. Per restare nel campo della politica scolastica, prendiamo il caso della legge n. 53.
Se vincesse il centro-destra avremmo, sulla carta, la continuità dell’azione di governo in attuazione delle riforma Moratti. Ma questi quattro anni hanno dimostrato che la coalizione di centro-destra è molto divisa e litigiosa, tanto da aver più volte modificato la fisionomia della riforma, soprattutto per quanto riguarda il secondo ciclo (licealizzazione degli istituti tecnici sì, no, semi; istruzione e formazione professionale forte, debole, sperimentale e poi si vede), e perfino alcuni aspetti dei programmi di studio, da quelli di italiano a quelli di storia. Forse andrebbe meglio sul primo ciclo, ma con alcuni problemi ancora insoluti, da quello del tutor, con relativi strascichi sindacali, a quello del portfolio e dell’insegnamento (serio) di due delle tre “i” berlusconiane, inglese e informatica. E il futuro dell’attuale ministro Moratti non sembra ministeriale. Un nuovo ministro, anche se della stessa coalizione, potrebbe portare novità anche molto rilevanti, soprattutto se fosse un politico e non un tecnico.
Se vincesse invece il centro-sinistra, non è chiaro se e quanto della riforma Moratti resterebbe in piedi, e che cosa si farebbe nel caso fosse adottata la linea abrogazionista sostenuta dal comitato “Fermiamo la Moratti”, al quale aderiscono alcuni partiti delle sinistra e il sindacato scuola della CGIL. Alcuni esponenti del comitato sostengono che la soppressione della legge n. 53 farebbe automaticamente rivivere la legge n. 30/2000 (Berlinguer), abrogata appunto dalla legge 53: sopprimendo quest’ultima si abrogherebbe anche la soppressione della legge n. 30. Ma molti obbiettano che sarebbe meglio guardare al futuro anziché al passato, e che una parte del “pacchetto” Moratti potrebbe prestarsi a emendamenti e miglioramenti in sede sia legislativa sia amministrativa. Una linea più moderata, seguita anche da Zapatero in Spagna, nei confronti della riforma Aznar.
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