ADi: insegnanti, stessa musica o si cambia?
Il titolo del seminario promosso da ADi (Associazione Docenti italiani) sabato scorso a Bologna era, come da tradizione per questa combattiva e informata organizzazione di insegnanti, recentemente apertasi anche ai dirigenti scolastici, sintetico e provocatorio. Ed era chiaro che il quesito riguardava l’attualità, in particolare il trattamento riservato alla figura dell’insegnante dal piano governativo ‘La Buona Scuola’.
Il piano suona la ‘stessa musica’, cioè conferma sostanzialmente le caratteristiche di questa figura (carriera solo per anzianità, nessuna diversificazione delle funzioni e delle retribuzioni, niente standard professionali, nessun obbligo di formazione in servizio, mobilità elevata, alti tassi di precarietà, base giuridica di tipo solo contrattuale e non legislativo) oppure cambia il repertorio introducendo novità sostanziali?
Benché il piano governativo espliciti chiaramente la volontà di cambiamento, il giudizio scaturito dal seminario, a partire dalle relazioni presentate dai diversi relatori e discussant (Carlo Marzuoli, Luisa Ribolzi, Rosario Drago, Antonino Petrolino, che si sono occupati del caso italiano, e Alessandra Cenerini, presidente ADi, che ha presentato alcune esperienze internazionali in materia di standard professionali) è piuttosto severo, ai limiti della bocciatura. C’è molta più continuità che discontinuità nelle proposte de ‘La Buona Scuola’: la stessa operazione-simbolo del piano, l’assunzione in blocco dei 148.000 docenti delle Gae, se non interverranno novità sulla loro formazione e selezione prima del loro ingresso in ruolo, rischia di assomigliare alle megasanatorie del passato; l’organico funzionale territoriale rischia di ripetere l’infelice esperienza della DOA; gli scatti di competenza al posto di quelli per anzianità, riservati ai due terzi dei docenti di ciascuna scuola, potrebbero scatenare una rincorsa individualistica ad acquisire i ‘crediti’, minando alla radice lo spirito e la prassi collaborativa che dovrebbe caratterizzare una didattica realmente innovativa. E spingendo i docenti giudicati ‘non competenti’ a spostarsi in scuole dove avrebbero più probabilità di non essere considerati tali.
La stessa novità dei ‘mentor’, i docenti (10% del totale di una scuola) che dovrebbero seguire la valutazione, coordinare le attività di formazione degli altri insegnanti, accompagnare il percorso dei tirocinanti e, più in generale, aiutare il dirigente scolastico nella valorizzazione delle risorse umane, rischia di essere vanificata dal carattere transitorio dell’incarico (tre anni rinnovabili). Servirebbero, sostiene l’ADi, figure professionali stabili, formate e selezionate per svolgere al meglio i compiti loro affidati. Ma per cambiare davvero musica servirebbe ridefinire la figura, i compiti e i profili professionali dei docenti in funzione della ‘Buona Scuola’ che sono chiamati a costruire. Per via contrattuale o legislativa?
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