
Imparare insieme. Dal cervello sociale al cooperative learning

Fin dalla nascita, l’essere umano è inserito in una rete di relazioni che ne modella profondamente lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale. L’identità personale si costruisce infatti attraverso l’incontro con l’altro, che funge da specchio, da guida e da stimolo. Non si cresce da soli, e non si apprende da soli. Le neuroscienze sociali hanno dimostrato che il cervello umano è strutturato per l’interazione e per la connessione con i propri simili. Le aree deputate alla comprensione delle emozioni altrui, alla cooperazione e all’empatia si attivano fin dai primi mesi di vita, segnalando una predisposizione biologica alla socialità. Questa predisposizione, che ci accompagna lungo tutto l’arco della vita, è ciò che i ricercatori definiscono cervello sociale, ovvero una struttura neurocognitiva orientata alla relazione, alla reciprocità, alla costruzione di significati condivisi. Apprendere in modo efficace significa quindi, prima di tutto, riconoscere l’altro come parte costitutiva del proprio processo cognitivo, poiché l’intelligenza si sviluppa nel confronto e nella co-costruzione del sapere.
La dimensione intersoggettiva dell’apprendimento
La pedagogia contemporanea, sostenuta da importanti studi in ambito psicologico e neuroscientifico, ha ormai superato l’idea dell’intelligenza come qualità individuale e isolata. Oggi si tende a riconoscere il sapere come un costrutto sociale, che nasce e si sviluppa attraverso l’interazione. L’intelligenza, al contrario di quanto affermavano le visioni più tradizionali, si costruisce nel dialogo, nella condivisione e nel confronto, grazie alla possibilità di riflettere insieme, riformulare pensieri, interiorizzare prospettive altrui. La scuola, in questo senso, non è soltanto un luogo di trasmissione di saperi, ma uno spazio vivo e dinamico, in cui si apprende insieme agli altri attraverso l’incontro di punti di vista differenti e la negoziazione continua di significati. In tale prospettiva, l’insegnante non è più depositario assoluto di contenuti, ma facilitatore di esperienze cognitive collettive, capace di guidare e sostenere i processi intersoggettivi di apprendimento. Vygotskij, uno dei maggiori teorici dell’apprendimento sociale, ha parlato di zona di sviluppo prossimale proprio per indicare quella distanza tra ciò che un bambino può fare da solo e ciò che può fare con l’aiuto di un altro più competente. Questo concetto, tanto potente quanto attuale, mette in luce come l’apprendimento sia un processo relazionale che si nutre della collaborazione, dell’incoraggiamento reciproco, e dell’interazione tra pari e adulti significativi.
Dalla competizione alla cooperazione
Per secoli la scuola ha privilegiato un modello competitivo, in cui gli studenti venivano valutati in base alla prestazione individuale e alla capacità di primeggiare sugli altri. Questa impostazione ha riflesso una visione selettiva e gerarchica del sapere, fondata sul principio della meritocrazia individuale e sull’illusione che apprendere significhi superare gli altri piuttosto che crescere con gli altri. Tale approccio ha generato spesso isolamento, ansia da prestazione, disaffezione allo studio e una ridotta disponibilità alla cooperazione, minando la dimensione sociale dell’apprendimento. Oggi, al contrario, si sta affermando una nuova visione educativa fondata sulla cooperazione, che valorizza il contributo di ciascuno all’interno del gruppo come risorsa per tutti. Non si tratta di annullare le differenze, ma di integrarle in un percorso condiviso, in cui ogni individuo è chiamato a mettere in campo le proprie competenze per costruire insieme significati, strategie e soluzioni. La cooperazione stimola l’empatia, favorisce la costruzione di legami significativi, rafforza la motivazione intrinseca e sviluppa un senso di appartenenza che rende l’apprendimento più autentico, più profondo e più duraturo. Questo cambiamento di paradigma apre la strada a una scuola più umana, equa e capace di preparare i cittadini del futuro a vivere la complessità con intelligenza emotiva e responsabilità sociale.
Il cooperative learning come strategia educativa efficace
In questo contesto si inserisce il cooperative learning, una metodologia didattica fondata sulla collaborazione tra pari che trova le sue radici teoriche nella psicologia socio-culturale e nei modelli costruttivisti. Gli studenti lavorano in piccoli gruppi eterogenei, con ruoli e responsabilità ben definiti, allo scopo di raggiungere obiettivi comuni in modo attivo e partecipato. La riuscita del compito dipende dal contributo attivo di tutti i membri del gruppo, il che favorisce non solo la responsabilizzazione individuale, ma anche lo sviluppo di un senso di interdipendenza positiva, dove il successo del singolo è legato al successo collettivo. Questo approccio stimola l’autoregolazione, la riflessione metacognitiva e il problem solving collaborativo. Numerose ricerche in ambito pedagogico e neuroscientifico hanno evidenziato come questa modalità migliori significativamente non solo i risultati scolastici, ma anche le competenze trasversali come la comunicazione efficace, il pensiero critico, la capacità di negoziare e di lavorare in team. Inoltre, il cooperative learning rappresenta una risposta inclusiva e democratica ai bisogni educativi speciali e alle differenze individuali, poiché valorizza la diversità come risorsa, promuove l’aiuto reciproco e alimenta il senso di appartenenza. È una metodologia che forma al tempo stesso alla conoscenza e alla cittadinanza, educando all’ascolto, alla responsabilità condivisa e alla convivenza.
Neuroscienze e apprendimento cooperativo
Le più recenti scoperte neuroscientifiche confermano l’efficacia delle pratiche educative basate sulla cooperazione, rivelando come il cervello umano sia predisposto alla socialità anche a livello neurale. Durante il lavoro di gruppo si attivano circuiti cerebrali legati all’empatia, all’imitazione e alla sincronizzazione emotiva e cognitiva, grazie all’azione dei cosiddetti neuroni specchio. Questi neuroni, scoperti da Giacomo Rizzolatti autorevole neuroscienziato italiano, si attivano sia quando compiamo un’azione sia quando osserviamo un altro compierla, facilitando così la comprensione delle intenzioni altrui e l’apprendimento per imitazione. Studi di neuroimaging mostrano, inoltre, che la collaborazione favorisce l’attivazione sinergica delle aree corticali frontali e limbiche, implicate nella comprensione profonda, nell’attenzione condivisa e nella memoria a lungo termine. Quando si apprende insieme, il cervello lavora in modo più flessibile, attivando percorsi che integrano emozioni, ragionamento e relazioni sociali, rafforzando i processi di consolidamento mnemonico attraverso il coinvolgimento emotivo. Questo dimostra che l’apprendimento non è solo un’attività cognitiva, ma anche affettiva, corporea e relazionale. È nella sinergia tra mente e cuore, tra io e noi, tra azione e interazione, che si costruisce una conoscenza duratura, trasformativa e autenticamente umana.
Educare alla cittadinanza attraverso la cooperazione
Promuovere un apprendimento relazionale e cooperativo non significa solo migliorare i risultati scolastici, ma formare cittadini consapevoli, responsabili e solidali, capaci di affrontare le sfide globali con spirito critico e sensibilità etica. In un mondo sempre più interconnesso e attraversato da crisi ambientali, disuguaglianze sociali e conflitti culturali, saper collaborare diventa una competenza imprescindibile per costruire società inclusive, resilienti e democratiche. La scuola ha il compito di allenare alla convivenza, al rispetto reciproco, alla gestione costruttiva dei conflitti, sviluppando nei giovani la capacità di ascoltare l’altro, di negoziare soluzioni comuni e di riconoscere la dignità della diversità. Educare all’intelligenza condivisa significa preparare le nuove generazioni non solo a risolvere problemi, ma anche a prendersi cura del bene comune, ad agire con responsabilità e a partecipare attivamente alla vita sociale. È in questa prospettiva che il cooperative learning assume un valore etico e civico, oltre che didattico, rappresentando un laboratorio di democrazia quotidiana, in cui si sperimentano solidarietà, corresponsabilità e senso di appartenenza.
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