
Dal latino ai qubit: la scuola-officina pedagogica

«Non siamo passeggeri della modernità, siamo gli ingegneri della rotta» avverte la Vice Presidente nazionale ANPE, Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani, Paola Daniela Virgilio, pedagogista, PhD in Scienze sociali e giuridiche, da trent’anni docente nella scuola italiana e oggi referente scientifica dell’USR Sicilia per un progetto nazionale SNV – L107/15 «Finché il cantiere pedagogico resterà aperto, i nostri ragazzi impareranno a progettare – e a sorvegliare – il domani, non a subirlo».
La scuola italiana è una fucina, non un museo. Misceliamo la logica del latino con l’audacia dei robot, l’argilla dei quaderni con il silicio dei microchip. Nel Paese-scuola la rete “Costruire e misurare Competenze Trasversali” (55 istituti sul territorio nazionale) lo dimostra: rubriche, micro-project work, autovalutazioni di classe, dati restituiti in pubblico. «Le Indicazioni ministeriali – insiste Virgilio – non sono tavole scolpite, ma prototipi da testare sul campo. Il curricolo è materia viva che si ridisegna a ogni lezione».
La bussola internazionale punta nella stessa direzione. In Finlandia gli smartphone
E il disegno italiano osa persino di più: latino in seconda media, calligrafia come palestra cognitiva; asse STEM che parte in prima primaria e corre fino all’IA; una cittadinanza digitale intessuta in tutte le discipline. Identità online, sicurezza, benessere digitale e pensiero algoritmico diventano criteri di progetto e di valutazione autentica. Carte geografiche si trasformano in dashboard di dati, versioni di Cesare dialogano con prompt AI, esercizi di memoria si saldano a fact-checking collaborativo: la scuola-polis, non la scuola-teca.
«Il vero salto di qualità – conclude Virgilio – sarà misurare: collaborazione, creatività, resilienza, etica. Se riusciamo a farlo, ogni aula – da Trapani a Bolzano – resterà laboratorio civico e officina di vita. È qui che il futuro prende forma: gesso sulle dita, silicio nel cuore».
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