Scuola chiusa per elezioni. La dirigente si oppone e alla fine l’ha vinta

Grazie al confronto e alla collaborazione con il Comune e la Questura siamo riusciti per le recenti elezioni amministrative e adesso per il referendum, a tenere aperte le scuole primarie, che in parte questo fine settimana saranno occupate dai seggi mentre negli altri spazi si terranno le regolari lezioni scolastiche. Una convivenza possibile, anzi direi educativa. Pensate ai bambini e alle bambine, lunedì vedranno che nella loro scuola gli adulti vanno a votare, faranno domande e le insegnanti spiegheranno cos’è il voto (non cosa si vota), il valore di esprimerlo e la potenza che esso ha per la democrazia”.

A parlare è una dirigente scolastica di Trento che non si è arresa a quello che per molte scuole sembra un fatto ineluttabile: l’utilizzo come sedi di seggio elettorale, con conseguente sospensione delle attività didattiche in genere per quattro giorni (compresi il venerdì per l’installazione di cabine elettorali e seggi, e il martedì per il ripristino delle aule). Secondo dati forniti dal Ministero dell’Interno nel 2021, l’88% dei 61.562 seggi elettorali si trova all’interno di edifici scolastici. In particolare, sono edifici destinati alla didattica il 75% dei fabbricati che ospitano uno o più seggi. In altre parole, molti milioni di studenti perdono giorni di lezioni in occasione di ogni turno elettorale. Altre interruzioni si aggiungono, come è noto, per svariati motivi (dagli scioperi al maltempo). Con buona pace del diritto allo studio.

Proprio per evitare la solita interruzione delle attività didattiche, la dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Trento 5, Paola Pasqualin, si è opposta alla chiusura della scuola. Ha resistito tenacemente alle disposizioni che escludono la presenza di estranei all’interno dell’edificio scolastico sede di seggio per ragioni di sicurezza e di tutela della regolarità del voto. Ha dimostrato che gli ingressi a scuola e lo svolgimento delle attività didattiche potevano avvenire senza interferire in alcun modo con tutte le operazioni elettorali.

Alla fine, il questore, dopo avere accertato la fattibilità di quanto sostenuto dalla dirigente scolastica, ha dato l’ok definitivo (in allegato la lettera della Ds trentina, che spiega cosa l’ha spinta a battersi per una questione che non è solo di principio).

Si potrebbe dire che il golia burocratico è stato sconfitto dal davide solitario della scuola che ha ricevuto il plauso di molte famiglie dei bambini.

L’episodio potrebbe rappresentare uno stimolo per molti grandi istituti con ampi spazi disponibili non utilizzati durante il blackout elettorale.

Resta, comunque, il problema di fondo per il quale diversi ministri avevano annunciato soluzioni mai diventate operative: per quale ragione, tra i tanti uffici pubblici, sono sempre e soltanto le scuole ad essere sacrificate per far posto ai seggi elettorali? Nel 2021 il Ministero dell’Interno (ministro Lamorgese) aveva costituito un gruppo di lavoro per studiare il problema e individuare soluzioni. Ne facevano parte rappresentanti del Ministero dell’istruzione, dell’Anci e dell’Upi. Qualche risultato fu raggiunto, ma alla fine tutto sembra essersi risolto in una circolare ai prefetti “ai fini di una sensibilizzazione dei sindaci sull’esigenza di individuare il maggior numero di immobili come sedi alternative di seggi”. Nel frattempo milioni di ore di lezione continuano a saltare per questo motivo.

Nessuno si sognerebbe di occupare qualche padiglione di ospedale per utilizzarlo come seggio. Ma il servizio scolastico rappresenta un figlio di un dio minore, fino a quando non si deciderà di trovare soluzioni alternative. Ministro Piantedosi, se ci sei, batti un colpo (sperando che il ministro Valditara si unisca, ben più autorevolmente, al nostro appello).

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