Il Papa euro-americano riunificherà l’Occidente?

Robert Francis Prevost, nominato cardinale da Papa Francesco nel 2023, è diventato Papa Leone XIV un po’ a sorpresa, anche se di lui si era parlato nei giorni scorsi (e secondo lo storico delle religioni Alberto Melloni, Francesco “lo aveva indicato a più d’uno come proprio successore”, Corriere della sera). Un Papa – ci piace sottolinearlo – con la scuola nel sangue: il padre è stato sovrintendente scolastico, la madre bibliotecaria, il fratello preside di una scuola cattolica. E lui stesso da giovane ha insegnato matematica e fisica come supplente.

Immediatamente si è sviluppato un dibattito sul significato e sulle conseguenze della scelta di un Papa americano, di chiara ascendenza europea, ad opera dei vertici del mondo cattolico. Qualcuno l’ha interpretata come una sfida a Donald Trump in casa sua (gli USA) sul terreno dell’accoglienza degli immigrati e della giustizia sociale, altri come un rilancio, in continuità con l’apostolato di Papa Bergoglio, del pacifismo universalista della Chiesa cattolica in un mondo sempre più lacerato dalla “terza guerra mondiale a pezzi” denunciata dal Papa argentino.

Ma c’è anche chi preferisce riflettere sulla portata geopolitica della nomina di un Papa americano per quanto riguarda l’identità e il destino del cosiddetto “Occidente” negli equilibri politici e culturali planetari. Tema di grande attualità in un mondo che tende a riorganizzarsi per grandi blocchi politico-militari – la Cina, la Russia, l’India, il mondo arabo –, un concerto internazionale al quale, dopo l’avvento alla guida degli USA di un leader con tendenze neoisolazioniste come Trump, l’Occidente rischia di partecipare diviso in due, se non più soggetti: gli stessi USA, un’Europa gigante economico e nano politico-militare, e altri come il Canada, il Giappone, la Corea del Sud in ordine sparso.

Il punto è questo: se per “Occidente” intendiamo l’insieme di popoli, nazioni e civiltà che hanno in comune il patrimonio culturale e religioso accumulato nel tempo essenzialmente dall’Europa occidentale, e condiviso dagli USA dopo la loro creazione, non c’è dubbio che di esso facciano parte nel loro insieme tutte le liberaldemocrazie, a partire da quella americana, e che solo se resta unito l’Occidente può competere con gli altri blocchi.

Da questo punto di vista l’avvento alla guida della Chiesa cattolica di un Papa americano può contribuire in modo determinante al rilancio dell’unità dell’Occidente, che proprio nel Cristianesimo, come riconoscono anche i laici liberali (per esempio Benedetto Croce, Norberto Bobbio e Giuliano Amato), affonda le sue radici storico-culturali. Va ricostituita una sinergia tra la potenza economico-militare degli USA e quella culturale e scientifica dell’Europa, e non c’è dubbio che in questo processo di rilancio strategico del modello liberaldemocratico – che ha nelle sue radici il rispetto cristiano e poi anche illuminista per la libertà della persona – il ruolo di Leone XIV potrà rivelarsi decisivo.

Quell’Occidente che in Italia è posto al centro dei programmi di Storia delineati dalla commissione Perla, e difesi strenuamente da Ernesto Galli della Loggia, che ne è l’ispiratore, che privilegiano la storia e la cultura della parte del mondo di cui fa parte il nostro Paese, culla della civiltà occidentale e sede della massima autorità religiosa cristiana. (O.N.) 

 

Per approfondimenti:

Numero di Aprile 2025 del mensile Tuttoscuola, con interventi di Orazio Niceforo (“La storia sarà il baricentro delle nuove Indicazioni Nazionali”), Franca Da Re (“Una prima lettura delle Indicazioni Nazionali”) e di Italo Fiorin (“Che brutta storia”)

– Storia, cosa cambia nelle Indicazioni Nazionali 2025 (interventi di Loredana Perla, Italo Fiorin, Giovanni Belardelli, Giovanni Brusa, Adolfo Scotto Di Luzio, Andrea Gavosto)

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