Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Droga, Scuola e Tribunale

Al Direttore di Tuttoscuola, Giovanni Vinciguerra

 

La condanna del preside del Liceo scientifico Majorana di Rho, per omessa vigilanza sugli alunni che fumavano spinelli nei bagni della scuola, ha suscitato, come ha scritto il Corriere della Sera, una “levata di scudi” fra docenti e dirigenti colleghi del preside Bagnini. L’espressione giornalistica rappresenta efficacemente lo stato d’animo di professionisti della scuola, che si sentono aggrediti da una sentenza che sentono come ingiusta e pericolosa per tutta la scuola.
Don Mazzi ha ricordato che la scuola non può affrontare tutti i problemi della società e Pietropolli Charmet che certi interventi puramente repressivi e non responsabilizzanti rischiano di ottenere l’effetto contrario a quello voluto..Fin qui si può anche essere d’accordo. Non credo però che il problema sia solo meritevole della condanna pedagogica e sociale della condanna giudiziaria, e che ciò che è venuto alla luce in quel liceo debba lasciarci tranquilli, in considerazione del fatto che il fenomeno è molto diffuso e che dirigenti e docenti fanno già quello che possono per combattere la droga con metodi educativi.

Avendo avuto qualche responsabilità pubblica in tema di educazione alla salute e di prevenzione delle tossicodipendenze, so che non esiste una soluzione miracolosa del problema, e che sono sbagliate tanto la medicalizzazione emarginante quanto la punizione criminalizzante: ma a me pare che neppure certi tipi di psicologizzazione e di pedagogizzazione, volte a comprendere e a generalizzare, siano da soli adeguati a risolvere il problema della droga a scuola.

Il rischio è quello di rimuovere questo problema, per mettersi la coscienza in pace con la ricerca di un capro espiatorio, magari fra i presidi, i docenti, i poliziotti, i magistrati.

Una legge dello stato tuttora in vigore (dpr 297/94, art 326) affida al Ministero della PI, oggi MIUR,
il compito di “promuovere e coordinare attività di educazione alla salute e di informazione sui danni derivanti dall’alcoolismo, dal tabagismo, dall’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope e dalle patologie correlate”. Per questo compito è prevista la costituzione di un apposito comitato tecnico-scientifico” a livello ministeriale e di altri comitati a livello provinciale: che non mi risulta però siano stati più costituiti, dopo gli anni ’90, nei quali si sviluppò con un certo diffuso impegno il Progetto Giovani 93/2000. E’ solo un cenno, per dire che l’attenzione istituzionale, sociale e politica al problema è quanto meno discontinua.

Aggiungo che il rapporto che anche nella scuola si vive con le leggi e con gli obiettivi che queste esplicitamente perseguono, almeno secondo le intenzioni di chi le ha scritte e firmate, è piuttosto precario. L’educazione scolastica, quando c’è e quando funziona, è benefica come il rimboschimento; quando non c’è o non funziona, non impedisce frane e smottamenti, nel nostro caso la fumeria nella scuola, che qualcuno deve pur contrastare in qualche modo. O religione o bastone, diceva don Bosco, che di prevenzione pare si intendesse.

Ma c’è un’altra citazione che s’impone a proposito dei rapporti fra docenti e giudici: è la famosa pagina della difesa del ruolo di educatore disobbediente alla legge, fatta da don Milani nella sua lettera ai giudici, nel 1965, in occasione del processo che lo riguardava.
“La scuola, scrisse, è diversa dall’aula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità (e in questo somiglia alla vostra funzione), dall’altro la volontà di leggi migliori, cioè di senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione). La tragedia del vostro mestiere di giudici è che sapete di dover giudicare con leggi che ancora non sono tutte giuste (….) Ecco perché, in un certo senso, la scuola è fuori dal vostro ordinamento giuridico. (….) E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso. Anche il maestro è dunque in qualche modo fuori del vostro ordinamento e pure al suo servizio. Se lo condannate attenterete al progresso legislativo”. (L’obbedienza non è più una virtù, LEF, Firenze, sd, pp.36-37)
Don Milani si riferiva all’obiezione di coscienza e alla sua lotta per il rispetto integrale dell’art. 11 della Costituzione, in difesa della pace.

C’è solo da chiedersi se un maestro illuminato e profetico possa “indovinare negli occhi dei ragazzi” una eventuale legge antiproibizionista e permissiva a proposito del fumo a scuola, come una delle “cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso”. Oso credere che chi la pensasse così sarebbe assai confuso, più dei ragazzi intossicati dal fumo.
La domanda che mi pongo allora è questa: nel dibattito aperto, c’è qualcuno che dica forte che a scuola non di deve fumare, né tabacco né altro? E che sappia combattere e mettere a repentaglio la sua popolarità, per rispetto della legge, dei valori che questa difende, della propria dignità di cittadino e della salute dei ragazzi? Non avrà, costui, tutte le ragioni e non otterrà sempre i risultati voluti. Basta soltanto che gli scudi non siano levati solo contro i magistrati, né solo contro i presidi, ma anche contro gli spacciatori e coloro che ne utilizzano i servigi, credendo magari di fare cosa lecita o tollerata.

Ho visto in certe scuole ottimi CIC, centri di informazione e consulenza, voluti dalla legge 309/1993. A pochi metri di distanza c’erano bagni luridi, pieni di scritte oscene su ogni parete.
Ci sono anche scuole ordinate, pulite, con cartelloni che informano e divertono. Se in terra ci sono cinque carte, una sesta non si nota. La prima invece la vedono tutti. Se la si tollera, per non scontentare qualcuno, si rischia di lasciare che i comportamenti tollerati diventino costume, quasi un diritto acquisito e la scuola un immondezzaio, come quasi tutti i luoghi pubblici di questo nostro magnifico e incivile paese.
I diritti e i doveri non stanno tutti e solo nelle leggi, nel bene come nel male: ma è difficile salvaguardarli se ci abituiamo a ritenere che le leggi siano noiosi accessori, di cui si può fare a meno, fintanto che non si sia convinti del loro valore. Il prestigio dei diritti e la loro osservanza dipende anche da quello che sappiamo fare per testimoniarne i valori che le leggi intendono difendere.


Luciano Corradini
Presidente nazionale dell’UCIIM

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