Lattesa di una sentenza dagli effetti politici più che giuridici
Salvo nuovi rinvii, il 12 luglio prossimo il Tar del Lazio dovrebbe pronunciarsi sulla richiesta di sospensiva dei provvedimenti attuativi della riforma della scuola. Successivamente, indipendentemente dall’esito della sospensiva, ci sarà il giudizio di merito.
Il ricorso, come è noto, è stato presentato dai sindacati confederali contro le diverse circolari ministeriali di attuazione della riforma, per presunti vizi di legittimità riferiti non solo e non tanto agli atti direttamente impugnati quanto piuttosto alle norme legislative che li hanno determinati.
Infatti nel mirino dell’impugnativa c’è il decreto legislativo 59/2004, quello che attua la riforma da settembre nella scuola dell’infanzia e nel primo ciclo d’istruzione.
Cosa succederà nelle scuole a settembre se la sospensiva fosse accolta? Di effetti concreti nell’immediato potrebbero non essercene, perché è prevedibile che la pronuncia del Tar verrebbe immediatamente impugnata dal Miur davanti al Consiglio di Stato. La riforma insomma partirebbe ugualmente, ma con una pesante spada di Damocle sul capo.
Ma la sentenza è attesa anche per i suoi effetti politici e per così dire psicologici.
Se tra una settimana infatti il ricorso sindacale fosse accolto dal Tar, non c’è dubbio che Cgil-Cisl e Uil e l’opposizione parlamentare attaccherebbero il ministro e il governo con critiche veementi, mettendo in discussione la linea riformatrice della maggioranza. Con inevitabili ripercussioni sulla convinzione con cui gli operatori scolastici applicheranno i provvedimenti attuativi.
Se invece la sospensiva non venisse accolta, in qualche modo la linea più radicale del fronte sindacale perderebbe un po’ di carica agli occhi dei docenti e dell’opinione pubblica. Ma la partita resterà comunque aperta.
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