
Sarebbero oltre centomila gli studenti di nazionalità straniera per i quali non ci sarebbe posto nella scuola che vorrebbero frequentare qualora la loro presenza nelle classi fosse rigidamente contenuta nella misura del 30%.
La stima proviene dallo stesso Ministero, che ha calcolato in oltre 10.000 (di cui quasi 3.000 nella sola Lombardia) il numero delle classi in cui tale soglia sarà superata: 7.279 nella primaria e 3.122 nella scuola secondaria di primo grado. Ma se si escludono dal calcolo gli alunni di cittadinanza straniera nati in Italia il numero delle classi interessate si ridimensiona notevolmente, scendendo a meno di 3.000: 2.893, di cui 641 in Lombardia.
Bisognerà poi tener conto del fatto che anche molti bambini stranieri, non nati in Italia, conoscono bene la nostra lingua e sono già perfettamente integrati. Sarebbe insensato includerli nel 30%.
Comunque potrà accadere che in non pochi casi tale quota sarà egualmente superata. In tal caso sarebbe opportuno prevenire pericolosi irrigidimenti, e situazioni conflittuali che potrebbero essere strumentalizzate. La ridistribuzione nel territorio degli alunni eccedenti, se ben governata, produrrebbe benefici ben superiori ai costi proprio in termini di migliore integrazione.
Va sempre ricordato che la battaglia per evitare classi monoetniche, anche attraverso il trasferimento obbligatorio di alunni da una scuola all’altra, è stata una grande pagina di democrazia scolastica nella storia della scuola americana degli anni sessanta dello scorso secolo.
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