5 in condotta: una tigre di carta?

Un po’ a sorpresa il decreto ministeriale n. 5 del 16 gennaio 2009 ha previsto che il cinque in condotta possa essere dato solo “in presenza di comportamenti di particolare gravità“, che sono  quelli che comportano la sospensione per più di quindici giorni (art. 4): una sanzione che viene irrogata assai raramente.

Se ne preoccupa il “Gruppo di Firenze”, costituitosi nel 2005 e promotore – nel marzo 2008 – di un appello intitolato “Scuola: un partito trasversale del merito e della responsabilità“, citato favorevolmente dal ministro Gelmini nel suo primo intervento programmatico in Parlamento (10 giugno 2008).

Secondo il Gruppo il DM è troppo garantista perché, oltre a stabilire il praticamente insuperabile vincolo dei 15 giorni, ha stabilito che il Consiglio di classe debba inoltre accertare se l’alunno “abbia dimostrato apprezzabili e concreti cambiamenti nel comportamento, tali da evidenziare un sufficiente livello di miglioramento nel suo percorso di crescita e di maturazione“. Nel qual caso, commenta il Gruppo,  “chi ha abusato di una compagna in bagno oppure ha torturato un disabile può sempre atteggiarsi a pentito e farla franca…”.

Anche il fatto che il voto in condotta faccia media è considerato in pratica irrilevante, viste le tante materie.  E che la valutazione del comportamento non possa mai riferirsi ad un singolo episodio, ma debba invece “scaturire da un giudizio complessivo di maturazione dello studente” (art. 3) è anch’esso considerato un invito a lasciar correre anche in presenza di fatti gravissimi.

Tutto ciò ha effetti diseducativi, perché conduce all’elusione di quello che il Gruppo considera il principale problema della scuola di oggi: quello del rispetto delle regole.