Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

27 gennaio, l’Olocausto con gli occhi dell’innocenza

Erano in 15.000: non ne sono sopravvissuti nemmeno 100.
Avevano tutti un’età compresa tra i 12 ed i 16 anni.
Terezìn, il maggiore campo di concentramento nazista sul territorio della Cecoslovacchia, costruito come transito per gli ebrei che dal Protettorato di Boemia e Moravia venivano deportati verso i campi di sterminio dei territori orientali, a cominciare dal 1941 accolse 150.000 persone, fra cui 15.000 bambini.

Di quella tragica esperienza non ci sono immagini forti, non ci sono cumuli di scheletri.
Ma i quattromila disegni, come le sessantasei poesie di quelle giovani anime strappate alla vita, hanno senza dubbio lo stesso effetto. Il campo di Terezìn proprio perché di transito, è stato uno dei pochi che prevedeva uno spazio per i bambini. Stesse condizioni igieniche, stessa fame, stesse malattie. Proprio come gli adulti. Stessa identica sofferenza.

Sotto la guida degli ebrei adulti, i bambini frequentarono lezioni e parteciparono a molte iniziative culturali. Poesie e disegni di quei bambini sono la testimonianza di quella tragedia e l’impegno per una futuro di pace.
La poesia di uno sconosciuto ragazzo ebreo contiene un messaggio che, nonostante tutto, fa riflettere sul coraggio di vivere e sulla fede nella vita.

Chi s’aggrappa al nido//non sa che cos’è il mondo,//non sa quello che tutti gli uccelli sanno//e non sa perché voglia cantare//il creato e la sua bellezza.//
//Quando all’alba il raggio del sole//illumina la terra//e l’erba scintilla di perle dorate,//quando l’aurora scompare//e i merli fischiano tra le siepi,//allora capisco come è bello vivere.//
//Prova, amico, ad aprire il tuo cuore alla bellezza//quando cammini tra la natura//per intrecciare ghirlande coi tuoi ricordi://anche se le lacrime ti cadono lungo la strada,//vedrai che è bello vivere
.”

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