Trasformazione digitale nelle scuole: educarsi alla didattica digitale riscoprendo il valore di quella in presenza

Riprendiamo la pubblicazione su tuttoscuola.com del documento “Trasformazione digitale nella scuola” di Giovanni Campagnoli ed Emanuela Negri. Di seguito una nuova parte.

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Leggi la seconda parte del documento

Come visto nella seconda parte del documento pubblicata su Tutttoscuola, ragazze/i rappresentano una “domanda” di nuova didattica, manifestando una predisposizione (o come minimo una “non avversione”) verso le nuove tecnologie, ma anche un bisogno di socialità che la Scuola ha sempre garantito. Di fatto i più giovani hanno proprio richiamato la comunità scolastica sul fatto che l’apprendimento è un fatto collettivo e pubblico. Di conseguenza, i processi di educazione all’uso della didattica digitale, possono essere attivati in modo cooperativo, in assetto di ricerca e sperimentazione. Ci si educa (ragazzi e docenti) a questo uso, si procede con test (ad esempio per software e prodotti ad hoc), si verifica (ad es. utilizzando Moduli Google per le percezioni / indicazioni di studenti rispetto agli interventi attivati ed alla efficacia delle modalità vedi Fig. 4), ci si responsabilizza come “comunità educante”. Anche i genitori vanno coinvolti in questi processi: devono essere presenti (seppur non sarà più pensabile così tanto come in questo periodo), osservanti ed in grado di produrre feed back utili alla scuola. Se in questi mesi alcuni sono stati “suggeritori” occulti durante le interrogazioni a distanza dei figli, con il riavvio diventeranno parte attiva dei processi di comunicazione scuola famiglia. Si potranno pensare modalità più smart di colloquio genitori, figli, docenti, di sportello, di ascolto, di incontri con gruppi di genitori, anche a distanza su piattaforme come Meet, Zoom, Skype, ecc.

Fig. 4. – Questionario di verifica dell’impatto della Didattica a Distanza


La media education può mettere al centro gli attori del processo di apprendimento: studenti, allievi, alunni, insegnanti e docenti, genitori. Ma anche prodotti da realizzare, i cosiddetti “compiti di realtà”. Non invece gli strumenti (il digitale, il PC, tablet, ecc.), come è stato con l’oggetto libro, da cui è conseguita una impostazione organizzativa dove il sapere e gli attori si misuravano in base alla conoscenza lì contenuta. Ecco il docente (che ne rappresentava l’intera conoscenza e quindi “saliva in cattedra”), l’organizzazione didattica basata su banchi, penne e orari (il mantra prevalente nella scuola è ancora “aprite il libro a pagina…”), compiti a casa e valutazioni (proporzionali al successo di conoscenza trasferita dal libro allo studente) sempre su prestazioni individuali. Polarizzando i modelli, questa scuola della “didattica trasmissiva / enunciativa” (dove il docente è “colui che sa” e lo studente è “colui che assimila”, non che rielabora, sperimenta, produce, sviluppa un pensiero critico…). Più ricerche longitudinali[1] hanno segnalato il rischio di una scuola così rappresentata, rispetto al venir meno di competenze chiave richieste invece nella società attuale: il collaborare, la creatività[2], l’essere cittadino attivo, saper comunicare (anche in lingua straniera e quindi essere motivato ad esprimersi, ecc.), piuttosto che le STEAM[3]. La standardizzazione dei processi di apprendimento (sul modello della fabbrica, con orari e campanelli per separare una materia dall’altra ambienti divisi per età o sesso).Una didattica di questo tipo (v. Cap.4) prende vita ad esempio nei progetti di reinterpretazione da parte dei ragazzi di opere famose, ideato da una designer francese e riproposto nelle Scuole durante questo periodo. Quelle discipline più pratiche che sembrano non affrontabili a distanza, in realtà presentano elementi di estremo interesse: la domanda “come alimentare la passione per l’arte?”, trova come risposta il coinvolgimento attivo dello studente.

Un esempio è il progetto “Barocco 2020” curato da ragazze/i delle Seconde Medie don Bosco di Borgomanero (No). Nel caso della pittura Barocca il lavoro è stato immersivo ma non resta un’esperienza isolata: i docenti di Musica chiedono agli alunni di realizzare dei tutorial per aiutare i compagni nell’apprendimento dello strumento e di costruire delle playlist per comprendere storia della musica adattando un linguaggio noto agli adolescenti ad una materia di studio. La contaminazione è immediata: gli studenti creano dei cartoni animati per raccontare l’architettura Romanica, realizzano sessioni di allenamento con circuiti di esercizi per Scienze Motorie (v. Fig. 5)[4]

Fig. 5. Il progetto Barocco 2020

[1]Si pensi agli studi di Ken Robinson, poi nominato “Sir”.
[2]non è una dimensione di secondo piano, in Italia contribuisce al 10% del PIL, ma sembra non esserci una strategia educativa intenzionale per avvicinare giovani a questa competenza chiave. Campagnoli G. (2010), Verso un New deal delle politiche giovanili, in Bazzanella A, Campagnoli G. “Investire nelle nuove generazioni. Modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa”. Editore Provincia Autonoma di Trento, Iprase del Trentino, Trento.
[3]Le competenze in Science, Technology, Engineering, Arts and Mathematics.
[4] Repubblica e La Stampa hanno pubblicato il progetto “Barocco 2020” del liceo don Bosco di Borgomanero, v. qui: https://torino.repubblica.it/cronaca/2020/05/23/foto/novanta_studenti_interpretano_i_capolavori_della_pittura_barocca-257444893/1/?ref=twhl&timestamp=159022896800 ).