Trasformazione digitale nelle scuole: costruire organizzazioni didattiche ‘irresistibili’ a partire dai desideri di ragazze/i

Riprendiamo la pubblicazione su tuttoscuola.com del documento “Trasformazione digitale nella scuola” di Giovanni Campagnoli ed Emanuela Negri. Di seguito una nuova parte.

Leggi la prima parte del documento

Quanto detto nella prima parte viene qui ripreso rispetto alla costruzione di scuole con identità e missione didattica forte.

Riprendendo le tematiche educative, dopo tutta questa esperienza di mesi di didattica d distanza, è chiaro che la media education sarà l’educazione del 21° secolo[1] e, come è già avvenuto per l’istruzione, potrà essere un potente strumento di inclusione. È evidente l’interesse delle giovani generazioni nei confronti di queste dimensioni, che non possono essere lasciate solo al mercato. Media educational center, Digital Lab, E-sports Palace sono oggi spazi di aggregazione interessanti per i ragazzi: va allora ricercato e promosso il potenziale educativo di questi mezzi, le passioni che accendono e le aggregazioni che sviluppano per trasformarle in opportunità ed etica di apprendimento. Lo insegna anche il mercato: se nel secolo scorso si pensava che fosse l’offerta a generare la domanda (con relative crisi da sovrapproduzione e di eccesso di beni sul mercato), oggi è la domanda che genera l’offerta. Questo significa non buttarsi e produrre sempre più elaborati, condividere di tutto e di più, attivare canali su tantissime piattaforme, rincorrere l’ultimo aggiornamento… I ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine già ci dicono che esiste un interesse ed una predisposizione naturale all’uso delle tecnologie[2] (si parla appunto di “nativi digitali”, di “vita davanti agli schermi”, ecc.) e di questi strumenti, oltre ad una motivazione generalmente alta all’apprendimento di competenze. Si è quindi già in presenza di una domanda, che va aggregata, socializzata ed alimentata di contenuti. Ed è per questo che la funzione del docente è ancora più importante, in quanto ne è garante dell’autenticità, sa selezionarli, condividerli, aggregarli, fornirli (in più forme, anche multimediali) anche a seconda degli interessi individuali, verificarne gli apprendimenti. Ed ha in questo nuovo “ambiente creativo / irresistibile”, anche la possibilità di farne “assaporare il profumo”.

Ancora un approfondimento sulla “domanda dei ragazzi”: in questi mesi in generale gli studenti hanno saputo stare nella situazione, si sono dimostrati molto migliori di quanto li si è rappresentati fino ad ora (ultimamente erano tutti cyberbulli, prima solo bulli, prima ancora dipendenti, ritirati sociali, in preda ad alcolismo giovanile, passando per le baby gang e la violenza di quartiere…).  

Le indagini svolte in questo periodo sui giovani[3], hanno rilevato di una ricerca di risposte a domande di senso, uno sguardo a tempi esistenziali, una capacità di saper ritrovare relazioni autentiche a partire da famiglia e amici, la fatica per la mancanza dell’incontro con l’altro, del non essere a Scuola (v. Fig. 3).

Non solo: in questo periodo i ragazzi ci hanno insegnato anche al rispetto delle regole imposte dall’emergenza (basti vedere il numero di sanzioni dei minorenni…), all’affrontare la paura anche con un po’ di ironia e soprattutto, al fatto che per loro la distanza fisica non per forza ha segnato una distanza sociale. Infatti, per loro, il gioco seppur a distanza avveniva in presenza e con i propri amici, connessi insieme alla stessa partita, allo stesso evento… Il concetto di partecipazione, di presenza, di condivisione per loro è più ampio. “Andare ad un concerto” vuol dire anche assisterlo insieme agli amici, ma su Fortnite (v. i concerti di Travis Scott del 24 aprile seguito da 12 milioni di persone in diretta e del dj Steve Aoki del 10 maggio con milioni di spettatori). I ragazzi hanno imparato dai giochi quelle competenze per stare nella situazione che la pandemia ha imposto[1] (per dirla alla moda, si sono dimostrati “resilienti” anche rispetto alle relazioni di amicizia e di amore).

Gli stessi ragazzi, probabilmente anche un po’ ex “cyber-stupidi” (più che cyber bulli…) hanno posto la questione della netetiquette (le regole di come di si comporta nella didattica a distanza, v. qui il “Manifesto della Scuola don Boscowww.facebook.com/dbborgo/photos/a.1696746437204584/2618617665017452/?type=3&theater ) ed hanno dimostrato forti capacità di apprendere dall’esperienza competenze digitali, di cittadinanza, creative, riflessive, tutte molto spendibili sul mercato del lavoro ai fini dell’occupabilità[2] … In poche parole, questo periodo è servito anche per rendersi conto che i ragazzi sono molto meglio di quanto li si sia spesso rappresentati fino ad ora (ora il nuovo tormentone è “copioni digitali”). E sono pronti per nuove forme di didattica (v. Cap. 3).

[1] De Gregorio C. (2020),Coronavirus, la forza dei ragazzi: hanno imparato dai giochi a vivere nellatrincea del virus, La Repubblica, 02.04.2020(v.www.bibliotecafabricadiroma.it/wp-content/uploads/2020/04/concita_030420.pdf )
[2]Rivoltella P.C. (2019)Tecnologie di comunità, ELS.
[1]Campagnoli G. (2019), Spazi giovanili trentini, tra strategie europee di sviluppo e innovazione sociale, in Bazzanella A, “CRESCERE IN TRENTINO. Rapporto biennale sullo stato di attuazione del sistema integrato delle politiche giovanili”, Agenzia per la Famiglia – Provincia Autonoma di Trento Editore.
[2] Floridi L. (2017), La quarta rivoluzione. Come linfosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina editore, Milano, 2017.
[3] V. www.rapportogiovani.it .