Scuola e politica da Gelmini a Fedeli. Un nuovo libro di Orazio Niceforo

Un nuovo libro di Orazio Niceforo (Da Gelmini a Fedeli. Scuola e politica dal 2011 al 2017 (UniversItalia, Roma, 2018, tel. 06 202 6342) integra, giungendo fino alla fine del 2017, un precedente saggio (Da Berlinguer a Gelmini. La scuola che (non) cambia, Roma, Tuttoscuola, 2010) che offriva una chiave di lettura del rapporto tra scuola e politica nel periodo iniziato con le elezioni politiche del 1994 (svoltesi con il sistema per tre quarti maggioritario e un quarto proporzionale introdotto dalla legge Mattarella) e le dimissioni del governo Berlusconi intervenute alla fine del 2011: periodo che va sotto il nome di ‘Seconda Repubblica’, di fatto prolungatasi dopo il fallimento del referendum del 4 dicembre 2016.

La tesi ivi sostenuta è che la tendenzialmente maggioritaria Seconda Repubblica – nata come rimedio all’indecisionismo della proporzionalista Prima Repubblica, che aveva trovato un caso di studio esemplare nel ripetuto fallimento delle riforme scolastiche – non aveva risolto il problema di una maggiore e migliore governabilità del Paese e della sua scuola, lasciando di fatto immutato il nostro sistema educativo. L’atteso superamento dell’indecisionismo della Prima Repubblica è stato di fatto vanificato dalla contraddittorietà e dall’inconcludenza dei governi succedutisi nella Seconda, governi apparentemente più decisionisti e meno inclini alle infinite mediazioni di quelli della Prima ma penalizzati dal fatto di essere espressione di coalizioni eterogenee, all’interno delle quali le minoranze avevano spesso ostacolato più che sostenuto i loro governi di riferimento.

La stessa cosa si può dire che sia accaduta nella legislatura conclusasi con le elezioni dello scorso 4 marzo 2018, che ha visto il pratico fallimento della Buona Scuola, operazione che insieme al Jobs Act e alla riforma costituzionale avrebbe dovuto segnare una sostanziale discontinuità con il passato. Una legislatura dominata dal decisionismo tecnocratico e autocentrato di Matteo Renzi che ha incontrato resistenze e ostacoli più all’interno del PD (che ha finito per spaccarsi) che all’esterno. L’autocritica del Renzi post-referendum, culminata nell’operazione di appeasement con i sindacati affidata alla volonterosa ministra Valeria Fedeli – sostiene l’autore – non ha fatto che confermare l’estrema difficoltà di un riformismo scolastico che sappia conciliare significative novità ordinamentali con il consenso sociale e in particolare con quello degli insegnanti.

Sarà interessante analizzare se e come la nuova e per molti versi eterogenea aggregazione M5S-Lega saprà risolvere i propri conflitti interni, o se sarà anch’essa vittima di quell’ostruzionismo di maggioranza che secondo Niceforo è stato la principale causa dell’immobilismo continuistico del sistema educativo del nostro Paese.