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Giorgio Allulli lunedì 06 luglio 2020

Non serve una riforma epocale scuola italiana, anche perchè non c'è UNA scuola italiana. Ci sono tante scuole: c'è una scuola dell'Italia settentrionale, che funziona molto bene, al pari delle migliori scuole del mondo (ovviamente al netto degli avvenimenti degli ultimi mesi), ed una scuola di alcune regioni dell'Italia meridionale ed insulare che funziona in modo insufficiente. Questo significa che la qualità della scuola italiana non è una questione di programmi, o di ordinamenti, che sono uguali per tutti (altrimenti come mai con questi programmi, con questi ordinamenti, i risultati degli studenti veneti o trentini sono al pari dei finlandesi?) ma è una questione di capacità di governo e gestione, o, come si dice spesso, di governance. Serve la capacità di capire cosa realmente succede nei divesri territori e di agire di conseguenza, valorizzando le eccellenze e sostenendo le aree di criticità. Purtroppo negli ultimi 40 anni sono stati sistematicamente smantellati tutti i sensori del funzionamento delle aree locali, dai provveditorati agli ispettori, così come tutti i presidi della qualità a livello decentrato. La valutazione delle singole unità scolastiche è rimasta praticamente al palo.E' stata abolita la direzione che meglio presidiava i rapporti scuola-lavoro. Non sono stati fatti, tranne rarissime eccezioni, più concorsi per l'assunzione dei docenti. Questi sono i problemi sui quali occorre intervenire, lasciando stare i massimi sistemi.

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