No a Junior Cally a Sanremo, preside scrive petizione: ‘La scuola non può restare in silenzio’

“Lei si chiama Gioia , beve e poi ingoia. Balla mezza nuda, dopo te la da. Sì chiama Gioia, perché fa la tro*ia, sí, per la gioia di mamma e papà. Questa non sa cosa dice, porca tro*ia, quanto chiacchiera? L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa, c’ ho rivestito la maschera”.  Non ci siamo impazziti: quello appena riportato è il verso di una canzone del rapper  Junior Cally,  cantante invitato all’ultima edizione di Sanremo che andrà in onda tra pochi giorni. Una presenza questa che sta scatenando non poche polemiche anche nel mondo della scuola. Al punto da chiamare in raccolta presidi, professori, genitori per per firmare, “a nome di tutti i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze a cui ci rivolgiamo ogni giorno affinché costruiscano un armonico progetto di vita personale e sociale” , una petizione per chiedere di la partecipazione del rapper Junior Cally al Festival della canzone italiana. 

“La Rai in quanto servizio pubblico non deve consentire che questo tipo di messaggi possano raggiungere e nemmeno sfiorare il Festival della canzone italiana, pena un’accusa infamante di complicità e favoreggiamento della violenza sulle donne”, si legge nella petizione a prima firma di Angela Rosauro, dirigente scolastico dell IC Donizetti di Pollena Trocchia. 

“La mia lunga storia di dirigente scolastico racconta – spiega la DS dal suo profilo Facebook – di quanto la mia mia persona sia lontana da tutto ciò che possa intaccare le libertà fondamentali, l’esercizio democratico di cittadinanza o addirittura invocare il ritorno della censura di Stato! Ma basta spulciare tra i video di Cally per comprendere quanto il messaggio a cui rimandano quei versi inneggi allo stupro e all’omicidio, cioè a reati precisi previsti dall’art. 414 del nostro codice penale. Io sono convinta che il servizio pubblico radiotelevisivo non possa giustificare la presenza al Festival della canzone italiana, trasmesso in eurovisione, di un personaggio così discusso e rischiare di sdoganare il “femminicidio” e la violenza quale ricerca e pratica del piacere per una manciata di ascolti in più”.

“Credo anche – continua Rosauro – che in questa circostanza alla scuola spetti il compito d’interrogarsi sui significati e significanti che una tale esposizione mediatica in Rai può determinare: che cosa lasciamo intendere ai nostri ragazzi, già così rigurgitanti di “cannibalismo cibernetico”, martellati da erotismo violento e coattivo, quasi incapaci di riconoscere nell’eros la forma più profonda di libera interazione con l’altro? Non può essere sufficiente approvare leggi né partecipare a liturgie con le scarpette rosse; non basta perché se davvero vogliamo lavorare per ridurre la violenza sulle donne, dobbiamo passare necessariamente dalla formazione e quindi anche da una questione come questa di Cally a Sanremo”.

“Chi come me ha la responsabilità ‘istituzionale’ della formazione di ragazzi e ragazze in età adolescenziale non può fare finta di niente ed abbozzare un teorico quanto generico esercizio di libertà. Libertà di che? Di fare il bullo dietro una maschera? Di lasciar passare l’immagine di una donna legata ad una seggiola? Di poterla insultare per il solo piacere di farlo? Di poterla torturare? Ammazzarla? Credo che tutti abbiamo il dovere di assumerci la responsabilità di difendere il diritto dei nostri ragazzi a crescere liberi dai condizionamenti di un sistema economico perverso che ha da sempre individuato nella loro fragilità solo una macchina per ‘fare soldi’, A maggior ragione – conclude la dirigente scolastica -, coloro a cui è affidata la formazione dei minori hanno un dovere in più, insito nel proprio ruolo e funzione, che li deve fare ‘saltare dalla sedia’, intervenire, protestare perché i nostri ragazzi vengono prima di ogni cosa”.