‘Incontro positivo, ma non faremo sconti’. Associazioni familiari incontrano Fedeli su tema gender e libertà educativa

Un incontro che “è stato in sé un passo positivo”. Così hanno definito i quattro rappresentanti delle associazioni familiari, Filippo Savarese (Generazione Famiglia / CitizenGO), Giusy d’Amico (Non Si Tocca La Famiglia), Chiara Iannarelli (Comitato Articolo 26) e Toni Brandi (Pro Vita Onlus) in una nota unificata, l’incontro che hanno avuto lo scorso 31  luglio con la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli. Scopo della riunione è stato quello di discutere sulla libertà educativa alla luce del comma 16 del decreto “Buona Scuola”.

I rappresentanti delle famiglie hanno denunciato a Fedeli “la grave situazione di disagio in cui versano centinaia di migliaia di madri e padri, a causa di abusi didattici che continuano a verificarsi da anni nelle scuole italiane”. È stata così proposta al ministro “una procedura standardizzata di consenso informato preventivo da sottoporre ai genitori prima della programmazione di qualsiasi attività inerente i temi della sessualità, dell’affettività e soprattutto delle questioni di genere”. Ciò perché il concetto di genere, richiamato dal comma 16 , è “letteralmente impazzito” e “ricomprende ogni sorta di accezione ideologica gli si voglia dare”. Al tempo stesso, le associazioni chiedono che gli alunni che volessero avvalersi dell’esonero da tali lezioni, possano seguire un’”attività scolastica alternativa”.

La ministra ha affermato che “nel suo personale bagaglio culturale, oltre che nei riferimenti normativi, il genere è solo quello declinato al maschile e al femminile”, ma i quattro rappresentanti le hanno comunque fatto notare come questa “visione comune” non sia “rispettata all’atto pratico nelle scuole dalle associazioni LGBT, che sventagliano le miriadi di identità di genere in continua evoluzione”. Fedeli ha espresso il suo accordo sulla “necessità di rinforzare lo strumento del consenso informato preventivo sulle singole attività, giudicando inadeguato il metodo attuale, in cui il genitore presta una sorta di delega in bianco al momento dell’iscrizione del figlio a scuola”.

“Il Ministro – si legge nella nota – si è detto comunque d’accordo con la necessità di rinforzare lo strumento del consenso informato preventivo sulle singole attività, giudicando inadeguato il metodo attuale, in cui il genitore presta una sorta di delega in bianco al momento dell’iscrizione del figlio a scuola. Ha rimandato il dibattito sulle migliori forme da adottare ai lavori del Gruppo di lavoro recentemente costituito dal Miur per la revisione generale della partecipazione scolastica delle famiglie e degli studenti. Il Gruppo di lavoro riformerà anche il PEC, il Patto Educativo di Corresponsabilità, che si dovrebbe riferire con più precisione proprio alla necessità del consenso informato preventivo”.

“Su questo punto – continua la nota delle associazioni familiari –  abbiamo due considerazioni. La prima è di grande soddisfazione per essere riusciti, con anni di lavoro e sacrifici, a portare ai massimi livelli istituzionali il dibattito sul diritto di priorità educativa dei genitori. Non c’è alcun dubbio sul fatto che se ciascuno di noi, a livello nazionale e locale, non si fosse mobilitato in questa direzione, oggi la situazione sarebbe ancor più drammatica e compromessa di come, comunque, ci appare. Oggi, invece, è un tema dominante anche negli uffici del Miur. La seconda considerazione è che sul discorso della riforma del PEC valuteremo passo per passo con estremo rigore il merito dei lavori del Gruppo costituito, che dovrebbero iniziare a settembre per concludersi il 21 novembre, a 10 anni esatti dall’istituzione del PEC stesso. Inutile dire – con grande schiettezza – che non faremo sconti”.

La nota si conclude quindi con un invito a tutte le famiglie: “Chiediamo a ciascuno di voi (ciascuno!) di sentirsi personalmente coinvolto in questo delicato momento storico, in attesa di indicazioni pratiche più precise che seguiranno nelle prossime ore”.