Docente positiva al Covid ed entrata in contatto con i bambini. ATS: ‘Non è necessario attuare alcun provvedimento’

Una maestra fa il test sierologico, dopo aver trascorso il primo giorno di lezione con gli alunni. Il risultato è dubbio e si sottopone immediatamente al tampone che dà esito positivo. Scatta la quarantena per colleghi e bambini? No. Per l’ATS (Agenzia per la Tutela della Salute, ex ASL) competente non è necessario alcun provvedimento.

Accade in questi giorni in una scuola dell’Infanzia del Nord Italia che, a oggi, non può comunicare a famiglie e bambini la notizia, ma che ha deciso di raccontare a Tuttoscuola le proprie perplessità circa la gestione della procedura sanitaria.

Seguiamo nel dettaglio questa vicenda, perché casi di contagio a scuola si stanno già verificando e potrebbero diventare tantissimi in tutta Italia nei prossimi giorni. E i tempi e le modalità di reazione da parte delle ATS, da cui le scuole dipendono completamente riguardo alla misure sanitarie da intraprendere, potrebbero diventare un fronte caldissimo tale da mettere potenzialmente a repentaglio – a giudicare dal caso che raccontiamo – la tenuta del sistema di prevenzione e gestione delle emergenze che è stato attivato.

Ricostruiamo prima di tutto i fatti in ordine cronologico.

Il 4 settembre la docente (chiamiamola Lucia) prende servizio e lavora con i colleghi per preparare l’avvio delle lezioni.

La mattina del 7 settembre, primo giorno di lezione per la scuola dell’infanzia, la maestra Lucia accoglie i bambini e li accompagna in classe.

Nel pomeriggio, secondo quanto da lei dichiarato, si sottopone al test sierologico (poteva farlo dal 24 agosto…), che dà esito dubbio e informa la scuola.

Appena appresa la notizia, il dirigente scolastico immediatamente scrive alla mail dell’ATS (unico recapito disponibile) comunicando la situazione. Sono le ore 17 del 7 settembre.

La risposta dell’ATS arriva alle ore 17 dell’8 settembre, 24 ore dopo! È una risposta interlocutoria, l’Agenzia ritiene di dover aspettare l’esito del tampone che nel frattempo l’ospedale ha disposto, insieme all’isolamento domiciliare della maestra Lucia. È evidente che l’8 settembre il personale e gli alunni sono andati regolarmente a scuola.

Siamo al 9 settembre. Il risultato del tampone è positivo al COVID-19. La docente lo comunica alle ore 10:30 alla scuola, che scrive subito all’ATS. La risposta arriverà solamente nel pomeriggio. Da notare che anche il 9 settembre il personale e gli alunni sono andati regolarmente a scuola e nessuna famiglia è stata informata.

Entriamo nella fase che desta le maggiori perplessità, a parte i tempi di reazione non certo “emergenziali” mostrati fino a questo punto dalla struttura sanitaria.

La raccontiamo con le parole del preside: “L’indagine epidemiologica da parte dell’ATS si è svolta per via telefonica esclusivamente con l’insegnante risultata positiva al COVID-19 che, probabilmente per paura di risvolti penali, ha affermato di non aver avuto contatti con alcun bambino. Il referente COVID-19 non è stato interpellato, la scuola non è stata interpellata”.

Il 9 pomeriggio, alle 16:30 (ossia oltre 6 ore dopo l’esito del tampone) sulla base delle dichiarazioni della maestra Lucia, l’ATS comunica telefonicamente al preside che non c’è da prendere alcun provvedimento. Il preside non può che prenderne atto, ma fa notare – e qui arriva un altro aspetto clamoroso della vicenda – che “l’altra maestra (la chiameremo Carla, ndr), la quale lo scorso 7 settembre era insieme alla docente che ora è positiva, ha affermato che il contatto con i bambini c’è stato”.

E in effetti agli atti della scuola risulta la dichiarazione della maestra Carla: “La collega – leggiamo nella dichiarazione – il giorno 07/09/2020 ha preso per mano alcuni bambini che piangevano ed erano rimasti indietro, accompagnandoli insieme a me dentro la classe. Subito dopo è andata via”.

Insomma le versioni delle due maestre presenti quel giorno in classe non coincidono.

Il dirigente scolastico invia per mail all’ATS la dichiarazione della maestra Carla. La risposta dell’ATS è categorica: riconferma che non è necessario alcun provvedimento. Arriva anche una telefonata direttamente dal coordinatore dell’ATS, il quale – racconta il preside – “per rassicurarmi mi esorta a tenere, comunque, sotto controllo la bolla e a scrivere una mail tra 10 giorni per segnalare eventuali sintomi evidenziati da alunni e personale scolastico. Bisogna fidarsi delle persone”, la sua esortazione di fronte alla perplessità espressa dal preside.

Insomma per l’ATS è stata sufficiente la dichiarazione della maestra positiva di non aver avuto contatti con i bambini, anche se una sua collega presente in classe ha affermato il contrario.

Nel frattempo in quella scuola si è continuato a fare lezione per tutti, e non è stata disposta dall’ATS la sanificazione straordinaria dei locali, attuabile solo a scuola chiusa.

Eppure la procedura sembra piuttosto chiara. Secondo il documento dell’Istituto Superiore di Sanità, se il “test è positivo, si notifica il caso e si avvia la ricerca dei contatti e le azioni di sanificazione straordinaria della struttura scolastica nella sua parte interessata. Per il rientro in comunità bisognerà attendere la guarigione clinica (cioè la totale assenza di sintomi). […] Il referente scolastico COVID-19 deve fornire al Dipartimento di prevenzione l’elenco dei compagni di classe, nonché degli insegnanti del caso confermato che sono stati a contatto nelle 48 ore precedenti l’insorgenza dei sintomi. I contatti stretti individuati dal Dipartimento di Prevenzione con le consuete attività di contact tracing, saranno posti in quarantena per 14 giorni dalla data dell’ultimo contatto con il caso confermato. Il DdP deciderà la strategia più adatta circa eventuali screening al personale scolastico e agli alunni“. E questo dovrebbe valere per gli alunni, per i docenti e, in generale, per tutto il personale scolastico.

Tampone positivo, ricerca dei contatti con aiuto del referente COVID-19 per porli in quarantena e sanificazione dei locali. Sembrerebbe semplice e lineare.

Chiaramente le docenti avevano indosso i dispositivi di sicurezza – ci tiene a precisare il Dirigente scolastico –visiera e mascherina. Ci sarebbe da chiedersi quale dovrebbe essere il ruolo del Dirigente Scolastico che, a fronte di una responsabilità riconosciuta per quanto riguarda l’intero iter relativo alla protezione e al corretto uso dei dispositivi, non ha in realtà ruolo alcuno in una situazione simile se non quello di attendere decisioni (e con quali tempi!) prese da altri”.

Nessun provvedimento da attuare quindi, nessuna famiglia da avvisare, anche se il contatto con i bambini c’è stato e risulta agli atti della scuola. La domanda sorge dunque spontanea: cosa accadrebbe se uno di questi bambini risultasse (speriamo di no, ovviamente) positivo e nel frattempo fosse stato con i propri genitori, avesse abbracciato i propri nonni, incontrato altri amichetti al parco? E se quella seguita da questa ATS fosse la procedura attuata ovunque sul territorio nazionale, cosa accadrebbe da qui a un mese?

Ci si chiede infine il senso di tanto auspicato rigore nel presidiare l’esecuzione di tutte le procedure da attuare, se poi davanti ad un caso così conclamato, il risultato è pari ad un nulla di fatto.