Buoni e cattivi impieghi del bonus per l’aggiornamento

Non è certamente indifferente agli obiettivi di qualificazione professionale la natura dell’impiego del bonus di 500 euro per l’aggiornamento.

C’è utilizzo e utilizzo, la cui ricaduta professionale è rimessa alla responsabilità e alla coerenza personale del singolo insegnante. Se lo Stato dà fiducia ai docenti per un utilizzo corretto, è giusto che l’impiego della risorsa venga effettuato con coscienza.

È possibile acquistare libri e testi anche in formato digitale: se di didattica, di pedagogia o relativi alla disciplina d’insegnamento, ok. Ma se, ad esempio, classici di narrativa, caso mai consigliati per il figlio studente, no.

Pubblicazioni o riviste utili alla professione dell’insegnate, ok. Ma se pseudo-riviste professionali edite sull’onda del nuovo mercato della card elettronica, no.

È possibile l’acquisto di hardware e software: per uso personale finalizzato all’impiego a scuola, ok. Ma se servono a implementare la dotazione di famiglia o quella personale dei figli, no.

L’iscrizione a corsi di aggiornamento non solo devono essere svolti da enti accreditati, ma devono avere diretta e sostanziale attinenza con la professione. Non, ad esempio, un corso per sommelier.

È arduo discriminare quali rappresentazioni teatrali, cinematografiche o spettacoli dal vivo possano avere valore professionalizzante o soltanto valore culturale oppure addirittura di semplice svago. Forse sarebbe meglio destinare a questi spettacoli una quota marginale del valore della carta.

Sono forse più coerenti con la ratio della norma gli ingressi a musei, a mostre o ad eventi culturali, a condizione che la loro fruizione sia effettivamente personale, sperando anche che possa costituire la condizione preparatoria per il coinvolgimento, la partecipazione e l’estensione agli alunni della classe per analoghi ingressi.