Discutiamo di scuola, formazione e Università

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa email di Giocondo Talamonti, sul rapporto tra mondo della scuola e mondo del lavoro.

Invitiamo altri lettori interessati a intervenire sul tema, o a offrire nuovi spunti di dibattito, a scriverci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

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Discutiamo di scuola, formazione e Università

L’evoluzione delle conoscenze e dei saperi, che si matura ormai in un ambito di concorrenzialità globale, impone regole nuove e, soprattutto, un’attenzione continua ai cambiamenti imposti dai mercati. Il processo formativo ha inizio nella scuola, dove convergono gli input provenienti dall’esterno, e alla quale si chiede oltre alla crescita educativa e sociale di saper creare le abilità tecniche necessarie a competere. Continua nell’Università, supportando con la ricerca e le sperimentazioni i settori di applicazione e confrontando l’impegno in itinere con le imprese del territorio. La filiera istruzione-università-impresa deve trovare motivi aggreganti nelle istituzioni, cui spetta l’onere del coordinamento degli sforzi che Scuola, Università e Impresa perseguono convinte. La politica, in questo ambito, svolge un ruolo primario nell’indirizzare le scelte e affrontare problemi reali, a partire dal riconoscimento sociale di chi lavora nella scuola, fino ad assicurare le risorse adeguate alla professionalità degli operatori, evitando di soffermarsi su falsi temi, tipo “Preside sceriffo”, utilizzazioni, e così via. L’obbiettivo da perseguire non consente distrazioni: formare e istruire i giovani. Essi rappresentano il solo ed unico scopo che una scuola deve perseguire. A fianco, vanno creati supporti validi a realizzare il target: insegnanti motivati intellettualmente, progettualmente, ma anche economicamente. L’idea che la funzione docente sia una missione è un’immagine romantica, tranquillizzante per i governi e giustificativa di soprusi contrattuali mai risolti. Anzi, complicatisi nel tempo e nelle trattative sindacali fino a farne una piaga. La “buona scuola” non si fa solo con l’immissione in ruolo e neppure accontentando i precari. La professione docente necessita di qualificazione e la qualificazione si ottiene dalla competizione, dalla concorrenza, rendendo cioè appetibile il “mestiere” sulla base di livelli retribuitivi interessanti. La prevalenza di operatori scolastici femminili ha troppo a lungo dominato la scena occupazionale del settore, costituendo nella maggioranza dei casi un secondo stipendio in famiglia, da aggiungere a quello del marito e, quindi, non meritevole di recriminazioni contrattuali. La responsabilità del docente non si limita ad adempiere ai percorsi di istruzione ministeriali. Gli uomini e le donne del domani si forgiano da mani sapienti, esperte, capaci e in grado di aggiornarsi continuamente ai cambiamenti sociali del tempo. Ne consegue una responsabilità enorme, incalcolabile per le conseguenze che derivano alla società del domani. Se pensiamo che questo compito meriti di essere retribuito con un piatto di minestra, allora vuol dire che la strada da percorrere è ancora lunga.

A Susanna Camusso, segretario nazionale CGIL, e all’Amministratore Delegato dell’Ast che si incontreranno a breve in un faccia a faccia, così come ad ogni altro confronto che veda contrapposte iniziative politiche e sindacali,  chiediamo che le condizioni per il lavoro e l’occupazione non siano solo tema di discussione ma di soluzione. Il mondo del lavoro sta evolvendo verso forme sempre più complesse, dove la formazione, l’aggiornamento delle abilità, la competitività giocano ruoli distintivi. La preparazione dei lavoratori del domani sarà sempre più esigente e settoriale, perché è dallo studio analitico di differenti ambiti operativi che può derivare la qualità della prestazione professionale.

In questo senso va improntata la formazione dei giovani studenti e accentuata la collaborazione con industrie locali e di dimensioni internazionali.

I contatti scuola-mondo operativo, con la presenza di dirigenti d’imprese a scuola  consente di mettere a confronto differenti esperienze lavorative ma anche di trasmettere una cultura d’impresa. Attraverso l’alternanza Scuola-Lavoro e grazie a corsi mirati è possibile definire e delineare una coscienza improntata alla cultura del lavoro.

Tale atteggiamento permette di non fare distinzioni in merito all’importanza del compito svolto all’interno di un’azienda, ma dota i lavoratori di uno spirito comune che trova applicazione in qualsiasi ambito e che s’ispira ai principi di redditività, concorrenza e sana competizione, guardando alla misurabilità dei risultati, alla sicurezza e alla compatibilità ambientale.

Giocondo Talamonti