Il 2016 della scuola, dalla Q alla Z

Quizzone
Verso la fine dell’anno cominciano a circolare indiscrezioni sul nuovo esame di maturità, che nel 2018 dovrebbe prevedere due sole prove scritte (italiano e materia caratterizzante) e un colloquio. Il “quizzone”, come gli studenti chiamavano la ‘terza prova’, affidata dalla riforma Berlinguer alle commissioni d’esame, sarebbe così soppresso, anziché essere centralizzato, come in un primo momento si era ipotizzato. Soppresso, ma solo nell’ambito dell’esame (come per l’esame di licenza), perché in realtà la prova, obbligatoria, sarebbe prevista nel corso dell’ultimo anno, prima dalla maturità, con test di italiano, matematica e inglese, le tre aree privilegiate dalle indagini comparative internazionali. Accanto al diploma di maturità ci sarebbe dunque una certificazione Invalsi con caratteristiche di maggiore ‘oggettività’ rispetto alle valutazioni effettuate dalle commissioni d’esame, destinata – insieme alle esperienze di alternanza scuola-lavoro, che saranno invece valutate dalle commissioni – ad accrescere e rendere più trasparenti le competenze di base degli studenti in vista delle successive scelte di studio o professionali. Saremmo così in presenza di una nuova ‘terza prova’ nazionale, ma esterna e anticipata rispetto all’esame di Stato e con caratteristiche di maggiore rigore e significatività rispetto alle prove predisposte e spesso improvvisate dalle commissioni locali. Il doppio standard valutativo porrà probabilmente problemi di coerenza tra i giudizi, i quali tuttavia potrebbero coesistere senza difficoltà in un portfolio formativo individuale. 

Ricorsi
Ogni giorno sul sito del Ministero dell’Istruzione vengono pubblicati avvisi che hanno il medesimo titolo: Notificazione Pubblici Proclami. Si tratta di avvisi di procedimenti giudiziari in corso relativi a ricorsi che il personale scolastico – docenti precari soprattutto – ha presentato contro l’Amministrazione scolastica. Notificazioni che per ordine del tribunale di turno il Miur ha l’obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale. Nel 2016, dal 1° gennaio a tutto dicembre ne sono stati pubblicati 570, mediamente più di 10 a settimana e quasi 50 al mese, mesi estivi compresi. Quasi sempre ognuna di quelle impugnative contro il Miur è sottoscritta da numerosi ricorrenti. Si può stimare che dietro quei 570 ricorsi ci siano non meno di 10 mila persone. Il ricorso è ormai diventato la strada alternativa al confronto e alla trattativa contrattuale. Nella maggior parte quei ricorsi non vanno a buon fine, ma consentono ai ricorrenti, quasi sempre con poca spesa, di sperare di entrare in qualche graduatoria vincente o di ottenere rimborsi insperati. Gli uffici legali non ci perdono mai.

Referendum
Secondo molti osservatori il netto no alla riforma della Costituzione targata Renzi-Boschi (60%) non ha riguardato tanto il merito di quella riforma (superamento del bicameralismo perfetto, riordino del rapporto tra Stato e Regioni, CNEL…) quanto il metodo: l’aver imposto quel modello facendo leva, soprattutto alla Camera, su una maggioranza parlamentare gonfiata dalla legge elettorale (il ‘Porcellum’), senza aver cercato un consenso più largo. La stessa obiezione mossa alla ‘Buona Scuola’ anche dall’interno del PD. Il successo del sì avrebbe posto le premesse per gestire con tranquillità riforme decisioniste come la Buona Scuola e il Jobs Act. Il netto successo del no ha rimesso invece in qualche modo in discussione quelle riforme: non, sotto il profilo della loro legittimità formale (anche se sul Jobs Act si resta in attesa della sentenza della Corte Costituzionale), ma dal punto di vista della loro implementazione e gestione, che presenta ampi margini di interpretazione, come mostrano bene i nove Decreti legislativi previsti dalla legge 107/2015. La scelta del nuovo premier Gentiloni (e di Matteo Renzi in qualità di segretario del PD) di sostituire il ministro dell’istruzione Giannini con la ex sindacalista Valeria Fedeli (proveniente dalla Cgil, il sindacato  confederale più critico verso la Buona Scuola) lascia intendere che la lezione del referendum è stata recepita, e che la linea decisionista del primo governo Renzi subirà con Gentiloni una sostanziale correzione in direzione del recupero di un rapporto meno conflittuale con i cosiddetti ‘corpi intermedi’, in primis i sindacati della scuola.

Scuole aperte
Un progetto che coinvolge scuole medie e superiori, per il quale il ministro Giannini con un decreto del 27 aprile prevede in estate aperture straordinarie delle scuole e iniziative. Sono circa 700 le istituzioni coinvolte, ognuna delle quali avrà un budget di 15.000 euro. Con questo progetto – sottolinea il ministro Stefania Giannini – vogliamo dare ai ragazzi di quelle aree del Paese dove l’istruzione costituisce una risposta importante ed essenziale per garantire un futuro alle nuove generazioni, una scuola aperta, che appartenga a tutta la comunità, dove famiglie e studenti possano sentirsi come in una seconda casa, da frequentare non solo quando ci sono le lezioni, ma anche in orario extra scolastico”. I ragazzi non si ritroveranno a luglio e agosto a ripassare italiano e matematica, precisa la Giannini: “Pensiamo allo sport, a scuole di musica, teatro. Ma anche vari laboratori artistici. Tutto quello che potrebbe interessare i ragazzi, farli divertire e toglierli dalla strada“. Per questo progetto il ministero dell’Istruzione ha stanziato 10 milioni di euro immediatamente disponibili per iniziative che rendano la scuola un polo di aggregazione e attrazione in aree periferiche e in contesti a maggior rischio di dispersione di quattro città: Napoli, Roma, Palermo, Milano.

È un primo passo verso quel progetto di scuole aperte che Tuttoscuola da tempo (Dossier “Sei idee per rilanciare la scuola”, scaricabile gratuitamente da www.tuttoscuola.com ) sostiene e propone per una funzionale utilizzazione di tutte le risorse umane e strumentali (attualmente sottoutilizzate) di cui la scuola dispone.

Selezione-ecatombe alle prove scritte
Nei primi mesi dell’estate vengono pubblicati dai diversi Uffici Scolastici Regionali gli esiti delle prove scritte del concorso. Tuttoscuola svolge un’approfondita comparazione e rende noto che nelle procedure concorsuali rilevate a metà agosto su 71.445 candidati risultano ammessi soltanto 32.043. Si tratta di un’ecatombe inaspettata per oltre il 55% dei candidati. Il ministro Giannini in un primo tempo minimizza sottolineando il dato degli ammessi che sfiora il 50%, anziché preoccuparsi dell’alto tasso di bocciatura. Poi attribuisce la responsabilità di quegli esiti negativi alla scarsa preparazione fornita nei corsi per i TFA. Infine si compiace di avere tenuta alta l’asticella per ottenere una maggiore selezione, in funzione della qualità complessiva della funzione docente.  Molti docenti esclusi respingono l’accusa di impreparazione, mentre da diverse parti si chiede una riflessione sui contenuti dei test e sulle modalità di svolgimento delle prove scritte.

Telecamere nelle scuole
Dopo il sostanziale via libera giunto in estate dal Garante della Privacy, la legge che prevede l’installazione di telecamere nei nidi, nelle scuole d’infanzia e nelle case per anziani subisce una notevole accelerazione giungendo alla approvazione a larga maggioranza alla Camera. Non mancano le obiezioni a un provvedimento chiaramente condizionato dallo scandalo suscitato dalle riprese televisive trasmesse dai telegiornali. L’installazione delle telecamere finisce però per nascondere il vero problema, che è quello della inadeguatezza professionale di tutti coloro (maestre d’asilo, insegnanti, operatori sanitari che lavorano con disabili e anziani) che ricorrono alla violenza nel rapporto con le persone affidate alle loro cure. Nel testo approvato dalla Camera viene inserita una delega al Governo ad adottare un decreto legislativo “in materia di valutazione attitudinale nellaccesso alle professioni educative e di cura” e di “formazione iniziale e permanente del personale delle strutture”, ma la formulazione appare quanto meno generica. Le telecamere hanno soprattutto una funzione deterrente, ma il problema vero resta a monte.

Università telematiche
Dicembre. Il ministro Giannini firma in extremis un  decreto che impone alle università telematiche di impiegare almeno 6 docenti a tempo pieno per ogni gruppo di 150 studenti iscritti ai corsi. Immediate le polemiche perché in tal modo molte delle 19 università telematiche italiane, soprattutto le più piccole, andrebbero incontro a gravi difficoltà economiche. Si replica che la misura è rivolta a salvaguardare la qualità dell’offerta di queste università. La controreplica è che le più avanzate università del mondo ricorrono in misura sempre maggiore alla formazione digitale, mentre l’Italia si muoverebbe, a seguito del decreto Giannini, in direzione opposta. La questione è aperta, e certamente il nuovo ministro Fedeli la troverà sul suo tavolo di lavoro.

Voto numerico o lettere
Settembre. In un incontro svoltosi al Miur tra funzionari del Ministero e rappresentanti delle principali associazioni professionali dei docenti viene data un’anticipazione su alcune proposte riguardanti l’attuazione della delega prevista dal comma 181 della legge 107/2015 in materia di revisione delle modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del primo ciclo di istruzione e delle modalità di svolgimento dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo. Tra le novità compare la scelta di modificare le modalità di comunicazione degli esiti della valutazione, sostituendo i voti decimali con una scala di cinque livelli espressi con lettere (A, B, C, D, E). Per evitare che l’uso delle lettere sia assimilato a quello numerico, sarebbe prevista l’utilizzazione di indicatori nazionali per descrivere i livelli complessivi di apprendimento raggiunti e le competenze acquisite dagli studenti. Altra novità di rilievo, riguardante la scuola primaria, sarebbe l’esclusione della non ammissione degli alunni all’anno successivo, mentre anche nella scuola secondaria di primo grado la bocciatura sarebbe prevista solo come misura eccezionale e limitata. Proposte che per raggiungere lo scopo di rendere i percorsi formativi degli studenti più flessibili e personalizzati  richiederebbero di esser accompagnate da una vasta e impegnativa azione di formazione in servizio degli insegnanti.

Zero sei
Una delle più importanti deleghe previste dalla Buona Scuola riguarda il sistema integrato dei servizi per l’infanzia per bambini di età compresa tra 0 e 6 anni. Si tratta di una riforma che può innovare radicalmente un settore che vede l’Italia in posizione molto favorevole per quanto riguarda il settore 3-6 delle scuole dell’infanzia, ma in posizione di coda per il settore 0-3 dei nidi d’infanzia. A complicare la vita di questa specifica delega è intervenuta, proprio a ridosso delle festività, la sentenza n. 284 della Consulta che, accogliendo il ricorso della Regione Puglia, ha ritenuto illegittima una parte della delega, forse la più significativa, costringendo il Miur a rivederne il testo per contenere gli effetti più negativi che potrebbero pregiudicare nella sostanza l’innovazione di questo sistema.

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