Visco: qual è la realtà che il Paese prospetta per i giovani diplomati e laureati?

Al Festival dell’Economia di Trento, sulle possibilità di ripartenza dell’Italia, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha affermato: “Bisogna premettere che l’Italia da più di 20 anni non cresce. L’economia italiana ha cominciato a soffrire alla fine degli anni ‘60. Le crisi sono sempre state risolte con la valvola di sfogo del cambio e con la capacità degli italiani di industriarsi”. La causa della nostra decadenza “sta nell’incapacità di reagire al cambiamento, e riguarda sia i cittadini che le imprese”.

 

Visco ha anche, però, evidenziato un problema centrale: “L’investimento in conoscenza è quello che paga l’interesse più alto. Investiamo poco perché il rendimento è molto differito nel tempo, quindi bisogna fare uno sforzo per avere benefici per quando non si è più al governo”. Inoltre, “le famiglie ha proseguito – avrebbero potuto investire di più in conoscenza, se solo avessero visto che questo avrebbe avuto un rendimento alto. C’è un paradosso in Italia – ha evidenziato – e può essere calcolato in un modo banale: la differenza retribuiva tra diplomato e laureato. Da noi basso è anche il livello di stock di capitale umano. È strano, perché quando qualcosa scarseggia il rendimento è alto, invece questo da noi non avviene. Chi deve investire su di sé in conoscenza, di conseguenza non investe, perché sa che sarà pagato poco”.

Questa riflessione dice molto e investe tutto il sistema d’istruzione e formazione.  Ci vuole poco per rendersi conto di quanto sia cruciale il ‘fattore motivazione’ allo studio e all’investimento in istruzione e formazione, andando ad incidere direttamente sui livelli d’istruzione e i tassi di abbandono che stentiamo ad abbassare per raggiungere i target europei! Non abbiamo, dunque, tutti i motivi e l’interesse a far sentire la nostra voce al Governo, alle imprese e alle parti sociali per cercare soluzioni e porvi rimedio? A queste domande è necessario e urgente che la politica risponda se e quando deciderà di fare “BUONA POLITICA”. Cosa dobbiamo aspettare ancora?