Verso lo sciopero. Ma con quale obiettivo?

Sciopero annunciato, ma non dichiarato. Dopo la presentazione il 27 febbraio da parte dei sindacati confederali dello stato di agitazione, la manifestazione sindacale del 28 si è conclusa senza la dichiarazione formale, ma con l’annuncio che lo sciopero generale si farà entro fine marzo.
E’ andata così in parte delusa la speranza di molti dei partecipanti, affluiti da tutta Italia con treni speciali e ben 600 pullman malgrado la prevista inclemenza del tempo (che ha però probabilmente tenuto a casa i romani, in altre occasioni più presenti).
Il fatto è che in queste ultime settimane, dopo mesi di incomunicabilità, un filo di dialogo, almeno sull’aspetto del confronto informativo, si è attivato tra il ministro Moratti e i sindacati: dalle modalità di applicazione del decreto legislativo sul primo ciclo al confronto su altri provvedimenti attuativi della legge 53 (alternanza scuola-lavoro, sistema di valutazione, diritto-dovere di istruzione e formazione per 12 anni). Si è trattato appunto di confronto informativo, e non di un vero tavolo di negoziazione. Non possono dunque esserci risultati concreti.
Uno sviluppo, anche fortemente dialettico, del rapporto con il Governo potrebbe ora condurre i sindacati a recuperare il loro ruolo di agenti negoziali (e il Ministro ad uscire dall’isolamento che ha caratterizzato la politica scolastica di quasi tre anni di governo), dopo una fase di enfasi posta su temi più propriamente politici. Del resto, come sostiene il presidente della commissione istruzione del Senato Asciutti nell’intervista nel numero di Tuttoscuola in edicola “una maggiore attenzione alla possibilità di attivare un dialogo reale con le forze di opposizione” e sindacali avrebbe consentito di creare una condivisione sia pure parziale delle motivazioni poste alla base della riforma.
In tale prospettiva “negoziale”, non appoggiata a quanto sembra dall’ala più movimentista dei sindacati confederali (soprattutto della CGIL scuola), lo sciopero sarebbe proclamato a sostegno di una trattativa in corso, si farebbe cioè “per” ottenere dei risultati, e non “contro” il Governo.