Verso le elezioni/1. Di scuola si parla (troppo) poco

In questa infuocata parte conclusiva della campagna elettorale i temi della scuola stanno ricevendo ben poco spazio nella propaganda delle coalizioni e dei partiti che le compongono, fatta eccezione per la Rosa nel pugno.
Ma quando trovano spazio, si nota una certa diversità di accenti tra i diversi partiti anche all’interno di ciascuna delle due coalizioni. Notevole, per esempio, è la divergenza di opinioni, all’interno dell’Unione, sul destino della riforma Moratti: da emendare selettivamente secondo DS e Margherita, da rigettare in toto secondo Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi. La posizione di Romano Prodi si rispecchia sostanzialmente nelle sette pagine “scolastiche” del documento programmatico “Per il bene dell’Italia“: emendamenti sul primo ciclo e altri aspetti della legge n. 53, abrogazione della disciplina del secondo ciclo, considerata evidentemente inemendabile per l’impianto dualistico che la caratterizza fin dal biennio iniziale.
Differenti accenti si notano però anche all’interno della coalizione guidata da Silvio Berlusconi, dove solo AN affianca il presidente del Consiglio nella difesa piena e convinta della riforma Moratti in tutti i suoi aspetti (AN, anzi, rivendica come proprio merito la durata quinquennale dei licei, la riconversione degli istituti tecnici in licei “vocazionali“, la revisione delle “Indicazioni nazionali” in senso più tradizionale). L’UDC non ha mai nascosto la sua delusione per la debolezza del “sistema di istruzione e formazione” e per la licealizzazione dell’istruzione tecnica, e la stessa sottosegretaria Aprea, già responsabile scuola di Forza Italia, sostiene che il suo partito non ha potuto realizzare per intero il suo programma a causa delle forti resistenze esterne (opposizione, sindacati) e interne (altri partiti della maggioranza, apparato burocratico del Ministero – sottoposto peraltro alle cure di un drastico spoils system).