Verso il voto. Il rischio che vincano tutti e perda l’Italia

In genere in Italia – e non solo ai tempi della prima Repubblica, quando vigeva il sistema elettorale proporzionale puro – dopo ogni consultazione elettorale i partiti, chi più, chi meno, trovavano sempre il modo di spiegare che loro le elezioni le avevano vinte. Anche quando le perdevano.

Per come si sta sviluppando l’attuale campagna elettorale c’è il rischio che le cose vadano ancora nello stesso modo. Ovviamente la coalizione che prenderà più voti canterà vittoria, anche se avrà raccolto – come molti osservatori prevedono – più o meno un terzo dei consensi (tra i votanti) e se per vincere avrà dovuto fare complicate mediazioni al proprio interno (vale soprattutto per la sinistra di Bersani-Vendola-Tabacci, e per la destra di Berlusconi e Maroni, ma le mediazioni le ha dovute fare anche il centro di Monti-Casini-Fini).

La coalizione perdente, soprattutto se lo scarto di voti con quella vincente sarà contenuto, potrà comunque dire di essere andata vicina al successo. I partiti nuovi – Scelta civica, Movimento 5 stelle, Rivoluzione civile, e perfino la neo lista Amnistia Giustizia Libertà di Marco Pannella – potranno dire di aver dato voce e visibilità a settori importanti dell’opinione pubblica.

Se non sarà però individuata una soluzione di governo capace di dare risposte strategiche, cioè di medio-lungo periodo, ai problemi di fondo che frenano lo sviluppo del nostro Paese, la verità è che non avrà vinto nessuno, e anzi avranno (avremo) perso tutti. Uno di questi problemi di fondo, peraltro chiaramente sottovalutato nella campagna elettorale in corso, è quello del miglioramento del capitale umano, che passa attraverso il miglioramento graduale e costante delle performance del sistema scolastico, universitario e formativo italiano, che dovrà sempre di più essere rapportato al contesto internazionale.