Valutazione dei dirigenti scolastici/2. Un dilemma da sciogliere

Ampie convergenze, dunque, al seminario di Firenze. Ma il rapporto tra team e dirigente scolastico sarà simmetrico (tra uguali con funzioni diverse) o asimmetrico (con i valutatori che si pongono in qualche modo in una posizione sovraordinata rispetto ai valutati)?
Ci sono buone ragioni a favore dell’uno e dell’altro modello: il primo si pone concettualmente nell’orizzonte della valutazione formativa, della “peer evaluation” (valutazione tra pari), dell’apprendimento cooperativo; il secondo in quello della valutazione professionale esterna, più asettica e meno partecipante, finalizzata all’analisi scientifica dei fattori e alla classificazione dei risultati.
A prima vista sembrerebbe un dilemma bizantino, ma non lo è, perché il primo modello dispone tutti gli attori, valutatori e valutati, in un circuito di relazioni e interazioni per così dire orizzontale, paritario, in cui l’esito del processo è sempre positivo e propositivo (la “patologia” viene affrontata in sedi e con procedure diverse), mentre il secondo potrebbe condurre ad una sorta di ricostruzione di relazioni per così dire verticali, asimmetriche, insomma gerarchiche.
Forse è per questo che al secondo modello non sono insensibili almeno una parte dei “vecchi” dirigenti tecnici (ispettori) e amministrativi (spesso ex provveditori), mentre a favore del primo si schierano i dirigenti scolastici. Però la scelta è rilevante, e spetta al decisore politico, perché configura due diverse concezioni del ruolo dei DS, e di chi è chiamato a valutarli.
E proprio il differimento della decisione politica, insieme alla mancata individuazione delle risorse finanziarie a sostegno dell’iniziativa in generale ma in particolare della formazione dell’universo dei capi d’istituto dal quale saranno prescelti quelli che faranno parte dei team di valutazione, mettono a rischio, al di là delle buone intenzioni, la possibilità di istituzionalizzare la valutazione dei dirigenti scolastici a regime dal 2007/2008.