Valditara e quell’esile confine tra nazionalismo e patriottismo

L’esordio del governo Meloni, pilotato dall’unico partito (FdI) che nella precedente legislatura era sempre stato all’opposizione, non poteva non caricarsi dei tratti e dei valori identitari di questo partito, particolarmente accentuati e visibili in un settore ad elevata valenza simbolica come quello dell’educazione. Ne ha tenuto conto il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, designato per l’incarico dalla Lega ma culturalmente affine alla Destra costituzionale, da lui già rappresentata come parlamentare di Alleanza Nazionale dal 2001 al 2013.

Lo si è visto bene nella lettera da lui indirizzata alle “Care studentesse e cari studenti” lo scorso 4 novembre, in occasione della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, nella quale “si celebra [infatti] un percorso storico e simbolico che coinvolge le ragioni più profonde della nazione, il senso stesso del nostro essere comunità”. La Grande Guerra “fu una tragedia immane e nella celebrazione odierna bisogna rifuggire qualunque esaltazione bellicista”, scrive il ministro, ma “dobbiamo tuttavia onorare quei ragazzi, quegli italiani, che in nome di un ideale alto e nobile (l’unità di un popolo, la conclusione del Risorgimento), hanno sacrificato la propria vita. Il loro ricordo deve indurci ad apprezzare ancor più profondamente la Pace e la Libertà”.

Nessuna nostalgia bellicista, dunque, ma enfasi sull’idea di Nazione e omaggio al sacrificio di coloro che hanno dato la vita per assicurarne l’indipendenza e l’unità. Una visione più “ciampiana”, ci sembra, che neonazionalista, dell’idea di Patria.

Pochi giorni dopo, il 9 novembre, anniversario dello storico abbattimento del Muro di Berlino (1989), Valditara ha ritenuto di inviare un’altra lettera alla scuola, nella quale afferma che tale evento avendo registrato “il fallimento definitivo dell’utopia rivoluzionaria” “non può che essere, allora, una festa della nostra liberaldemocrazia”, definita come “un ordine politico e sociale imperfetto, pieno com’è di contraddizioni, bisognoso ogni giorno di essere reinventato e ricostruito. E tuttavia, l’unico ordine politico e sociale che possa dare ragionevoli garanzie che umanità, giustizia, libertà, verità non siano mai subordinate ad alcun altro scopo, sia esso nobile o ignobile”.

Una presa di posizione forse un po’ ridondante nella forma, che è costata a Valditara critiche pungenti (più che del Merito sembra il Ministero della Propaganda, ha detto la senatrice PD Simona Malpezzi), ma anche in questo caso non di segno nazionalista: caso mai occidentalista in senso radicalmente liberal-democratico.

Attenzione, però: l’improvviso scontro politico-diplomatico tra Italia e Francia esploso in questi giorni in materia di accoglienza degli immigrati mostra quanto sia labile il confine tra neonazionalismo in chiave sovranista (da tempo non si leggevano sulla stampa più sciovinista dei due Paesi accuse reciproche così violente) e patriottismo inteso come amore per la propria Patria e difesa dei suoi interessi di fondo, che nell’attuale contesto geopolitico non si realizza a livello nazionale ma europeo e occidentale.

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