Università: l’America stacca tutti

Le università americane anche quest’anno occupano i primi posti della classifica mondiale stilata dall’università Jiao Tong di Shanghai per l’anno 2006. Tra le prime cento, ben 58 sono americane, una in più rispetto allo scorso anno, mentre sono solo 30, una in meno, quelle dell’Unione Europea. Confermato il primo posto di Harvard e il secondo di Cambridge.

Leggermente peggiorato il quadro delle università italiane. La Sapienza di Roma, pur mantenendo il primato tra le università italiane, scende al centesimo posto, retrocedendo di tre posizioni rispetto allo scorso anno. Perdono posizioni le università di Genova, Ferrara, Parma, la Federico II di Napoli e la Scuola Internazionale di Studi Avanzati di Trieste. Lieve progresso dell’Università di Firenze.

Recentemente sul “Il Sole 24 ore“, Maurizio Viroli, docente a Princeton e profondo conoscitore di questioni universitarie, ha sostenuto che il segreto delle università americane consiste nella cura della didattica e nel rigore meritocratico (applicato sia nella selezione dei docenti che degli studenti). Gli ha fatto eco sulle colonne dello stesso giornale Andrea Casalegno richiamando oltre il rigore meritocratico anche la necessità di investire maggiori risorse economiche nell’istruzione terziaria.

Fra i tanti consigli forse vale la pena richiamare quello di Adam Smith. Nel quinto volume de “La ricchezza delle Nazioni“, Smith ha sviluppato una lunga discussione sull’educazione soffermandosi tra l’altro sullo stato allora deplorevole dell’Università di Oxford, dove sottolineava si pregava due volte al giorno e si andava a lezione solamente due volte a settimana. Smith suggerì come rimedio una sano tocco di economia di mercato, o liberalizzazioni, come si direbbe nel linguaggio odierno. I fatti dimostrano la bontà del suggerimento: nella classifica mondiale, Oxford è la seconda università europea e la decima nel mondo.